Roma, 5 mar – Segnali di miglioramento dall’attività
delle imprese del terziario nell’area euro, anche in Italia
nonostante la debolezza delle vendite. L’indice dei responsabili
degli approvvigionamenti relativo alle aziende dei sevizi della
penisola ha segnato a febbraio un aumento a 50,4 punti, dai 49,7
di gennaio. In questa indagine, elaborata dalla società di
ricerche Ihs markit, i 50 punti sono la soglia limite tra
crescita e calo dell’attività.

Il Purchasing managers index relativo al terziario di tutta
l’area euro ha segnato un aumento a 52,8 punti, dai 51,2 di
gennaio. I dati sul manifatturiero erano stati invece più deboli.
0’indice Pmi composito, compresivo di servizi e industria, ha
così siglato il mese a 51,9 punti, dai 51 di gennaio.

Tornando all’Italia, secondo Markit le aziende dei sevizi, come
reazione all’indebolimento del mercato e per stimolare le
vendite, hanno ridotto i prezzi di vendita per il terzo mese
consecutivo. Per la prima volta in quattro anni, i nuovi ordini
delle aziende legate al settore dei servizi sono diminuiti. Il
campione monitorato ha segnalato un generale, anche se limitato,
peggioramento della domanda nazionale ed internazionale. Il
livello del lavoro inevaso del terziario italiano ha indicato il
secondo calo mensile consecutivo, anche se lieve e meno rapido di gennaio.

Nel frattempo, recita un comunicato, dopo la leggera diminuzione
di gennaio, la creazione occupazionale è aumentata, con aziende
che hanno riportato un incremento del personale dovuto alla
maggiore attività economica.

Tuttavia secondo Amritpal Virdee, economista di IHs Markit i
dati di febbraio “non ci hanno fornito molti segnali di sollievo”
e si rischia un calo ulteriore del settore privato sul primo
trimestre.

Guardando al quadrio generale dell’area euro, il capo economista di Markit Chris Williamson mette in rilievo l’attenuazione dei “fattori frenanti” cheavevano pesato nei mesi precedenti, come le proteste francesi deigilet gialli e le nuove normative sulle emissioni del settore auto. “Tuttavia, l’indagine si è mantenuta sottotono visto che altri ostacoli hanno continuato a limitare sempre di più l’attività economica. Tra questi c’è il rallentamento globale della crescita economica, le sempre maggiori preoccupazioni geopolitiche, le guerre commerciali, la Brexit e l’irrigidimento delle condizioni finanziarie”.

“L’economia dell’eurozona potrebbe faticare per superare lo 0,2%
di espansione registrato nell’ultimo trimestre del 2018. E’
soprattutto il manifatturiero a restare fragile, che con il calo
maggiore dei nuovi ordini e la sovracapacità di vendita –
conclude Williamson – offre presagi negativi per la produzione
futura”.