Roma, 18 mar – Coloro che detengono Buoni Fruttiferi Postali emessi prima del 1999 mantengono intatti diritti e tutele dei risparmiatori e non sono oggetto di discriminazione da parte dello Stato. Lo ha ribadito una recente sentenza della Corte di Cassazione in merito al rimborso di una serie di Buoni Fruttiferi Postali emessi nel 1986. L’investimento in Buoni Fruttiferi Postali era regolato dal Codice Postale del 1973, in seguito abrogato da un decreto legislativo del 1999, che consentiva allo Stato di variare i rendimenti con decreto ministeriale.
Nelle motivazioni della sentenza, la Cassazione precisa che “i buoni soggetti alla variazione del tasso di interesse (ovvero quelli emessi prima del 1999) dovevano considerarsi rimborsati al tasso originariamente fissato e convertiti nei titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse”. In sostanza “a fronte della variazione del tasso di interesse era consentita al risparmiatore la scelta di chiedere la riscossione dei buoni, ottenendo gli interessi corrispondenti al tasso originariamente fissato”. Quindi la modifica unilaterale disposta dallo Stato “attribuiva sostanzialmente al risparmiatore il diritto di recesso” e inoltre “tutelava il suo affidamento sull’effettività del suo diritto a percepire gli interessi indicati dal titolo”.
Inoltre tra il 1973 e il 1999, soltanto una volta (nel 1986) è avvenuta una modifica al ribasso dei tassi di interesse, mentre in tre occasioni (1974, 1976 e 1981) c’è stato un aumento dei rendimenti. I Buoni acquistati prima del 1999 alla prova dei fatti si sono comunque rivelati un ottimo investimento, con rendimenti a due cifre, facendo anche quintuplicare il denaro investito su un prodotto praticamente senza rischi (c’è la garanzia dello Stato) e liquidabile in qualsiasi momento.
Infine la pronuncia della Cassazione del mese scorso non è una smentita di una precedente sentenza della suprema Corte del 2007: la pronuncia del 2007, infatti, riguardava specificamente il caso di Buoni Postali emessi con l’apposizione a tergo del documento di tassi più favorevoli all’investitore di quelli all’epoca vigenti. La sentenza del febbraio 2018 riguarda invece un caso in cui le indicazioni riportate sul testo del buono erano difformi da quelle previste dal decreto istitutivo della relativa serie.