Roma, 21 mar – Intransigenti nel gettare carta in terra, meno su fedeltà fiscale e raccomandazione. E’ questo il ritratto degli italiani che emerge dal report dell’Istat su “Senso civico: atteggiamenti e comportamenti dei cittadini nella vita quotidiana”.
I giudizi sui comportamenti attinenti alla sfera civica mostrano un quadro di generale adesione, almeno formale, alla norma sociale e giuridica condivisa: nella grande maggioranza dei casi sono infatti improntati all’intransigenza. In tal senso, più che il quadro del civismo, i dati sembrano offrire una rappresentazione del grado di diffusione della desiderabilità sociale dei vari comportamenti.
Il decoro urbano, ad esempio, è uno degli aspetti sui quali i cittadini si mostrano più intransigenti. La quasi totalità non giustifica il gettare rifiuti in terra (88,7%). Anche laddove sono ammesse eccezioni, si tende a giustificarle con il cattivo funzionamento del servizio di nettezza urbana (mancano i cestini o sono pieni: 6,4%) oppure si minimizza la portata del comportamento (per piccole cose o se già sporco: 3,2%).
A livello territoriale non si osservano grandi divari nella valutazione. La condanna verso chi getta le carte a terra è largamente condivisa sul territorio, pur se leggermente più diffusa al Nord. Centro e Isole sono i contesti dove le carenze nel sistema di raccolta dei rifiuti sono più frequentemente evocate come attenuanti di un comportamento scorretto.
La scarsa qualità del servizio è riportata come giustificazione del mancato pagamento del biglietto sui mezzi pubblici dal 7,4% dei cittadini, anche se è alta la quota di chi non giustifica tale comportamento (85,4%). Da segnalare che proprio gli assidui fruitori dei servizi di trasporto sono meno intransigenti sul mancato pagamento del biglietto (75,6%). Il legame più evidente tra pagamento e qualità della prestazione di un servizio sembra quindi in grado di indurre differenze nella percezione del comportamento.
Minore intransigenza si rileva per i comportamenti alla guida: parcheggiare in divieto (il 74,8% non lo ritiene mai ammissibile) è più tollerato che usare il cellulare quando si è alla guida (79,6%). Nella prima circostanza la brevità della sosta (8,3%) e il non costituire ostacolo alla circolazione (8,4%) sono le principali circostanze portate a giustificazione del comportamento scorretto, seguite dalla insufficienza dei parcheggi (6,7%). L’uso del cellulare alla guida è giustificato principalmente per telefonate urgenti (14,4%), molto meno negli altri casi.
Il ricorso alla raccomandazione e l’infedeltà fiscale appaiono come elementi particolarmente critici nel rapporto tra cittadini e rispetto delle regole: meno di 7 persone su 10 le ritengono inammissibili.
Sulla ricerca del lavoro è particolarmente rilevante la quota di persone di 14 anni e più che ritengono giusto in alcuni casi farsi raccomandare (28,3%). La giustificazione più diffusa è la mancanza di alternative per ottenere un posto di lavoro (19,6%) mentre l’8,7% lo valuta un comportamento ammissibile se lo si merita.
Dal punto di vista territoriale, la pratica clientelare nella ricerca del lavoro è leggermente più accettata al Nord che al Sud e nelle Isole: la differenza è riconducibile soprattutto alle quote più elevate di coloro che ritengono ammissibile la raccomandazione in presenza di merito (10,1% contro circa il 7%). La distanza territoriale è ancora meno evidente per chi ammette la raccomandazione come estrema ratio (se non c’è altro modo, 19-20%).
La raccomandazione è valutata con maggiore indulgenza tra i 18 e i 34 anni, una fascia di età in cui generalmente ci si affaccia nel mondo del lavoro; tra questi il 63% circa approva la pratica clientelare; più intransigenti giovanissimi (68%) e anziani (74%).
Tra i giovani, la minore intransigenza si associa a sentimenti di rassegnazione o a ragioni di merito: il 22,6% dei 18-24enni ritiene che sia giusto ricorrere alle raccomandazioni se non c’è altro modo per avere un lavoro e il 12% circa quando si è convinti di meritarlo (16,5% e 6,8% tra i più anziani). Quote più elevate di persone che considerano giusto farsi raccomandare per ottenere un posto di lavoro si rilevano poi tra i disoccupati (34,9%).
L’area della fedeltà fiscale è quella che registra il più basso livello di intransigenza: per il 29,3% delle persone è accettabile non pagare le tasse in alcuni casi. Tra le giustificazioni addotte, la bassa qualità dei servizi erogati (22%) e la presenza di evasione fiscale (5,4%) ma anche motivazioni di principio (“i soldi sono di chi se li guadagna”, 2%).I giovani adulti (25-34 anni) sono più inclini a giustificare l’evasione fiscale – circa il 33,5% la considera accettabile in alcune circostanze – rispetto gli anziani (23,4%).