Roma, 13 giu – Gli acquisti sono una delle funzioni più interessate dalla digitalizzazione, oltre che una funzione cruciale per le aziende e un settore chiave per l’occupazione, con oltre 50 mila dipendenti in Italia. Un gruppo di studiosi della SDA Bocconi School of Management guidato da Giuseppe Stabilini e Paolo Pasini, in collaborazione con SAP Ariba e Accenture, ha sviluppato un quadro dello stato dell’arte della digitalizzazione degli acquisti in Italia attraverso una rilevazione tra oltre cento Chief Procurement Officers (CPO) in grandi aziende (o filiali italiane di multinazionali) con ricavi superiori a 400 milioni di euro. Il progetto chiamato Digital Procurement, analizza obiettivi, processi e tecnologie impiegate per portare la “digitalizzazione” all’interno delle direzioni acquisti e dei rapporti di fornitura.
«Si scopre che la digitalizzazione è un tema caldo, ma le aziende hanno ancora molta strada da fare», dice Stabilini. «Quando si chiede quali nuove tecnologie stiano introducendo, i CPO, nel 74% dei casi, rispondono data analysis e tecnologie di visualizzazione, cioè tecnologie mature». Le altre tecnologie più usate sono le tecnologie mobili (33%), l’analisi predittiva (32%), l’automazione delle decisioni (31%) e l’automazione robotica dei processi (19%) e possono essere considerati tecnologie emergenti, mentre altre tecnologie innovative quali machine learning, blockchain, realtà virtuale, Internet delle cose (IoT), elaborazione del linguaggio naturale, chatbot, riconoscimento delle immagini e stampa 3D sono introdotti solo da pochi early adopters. Inoltre, un’azienda su cinque sta implementando processi di digital procurement senza introdurre alcuna nuova tecnologia.
«Il ritardo nell’adozione delle tecnologie più innovative», dice Stabilini, «è solo in parte dovuto all’impreparazione delle aziende. Alcune tecnologie sono troppo specifiche, come la stampa 3D, o ancora in fase di introduzione in Italia, come la blockchain».
La motivazione principale alla base della digitalizzazione è la riduzione dei costi (85% degli intervistati), ma il miglioramento della qualità del prodotto (o servizio) e l’innovazione, così come la riduzione del rischio sono ampiamente citati. Il progetto di digital procurement nel 67% dei casi introduce un modello operativo completamente nuovo, aggiungendo valore aggiunto in termini di efficienza ed efficacia. Solo nel 12% dei casi l’obiettivo è quello di ottimizzare la struttura dell’ufficio acquisti.
Il software verticale, specificamente progettato per i processi di acquisto, è utilizzato dalla metà delle aziende, mentre il resto è quasi equamente suddiviso tra ERP e software proprietario. Il cloud (59%) si sta affermando come principale piattaforma di hosting, con il software on-premise utilizzato dal rimanente 41% delle aziende. «L’adozione del cloud», commenta Stabilini, «supera alcune problematiche di integrazione e manutenzione vissute in passato e stimola l’introduzione e la diffusione di nuove applicazioni tecnologiche».
L’organizzazione aziendale è considerata il principale ostacolo alla digitalizzazione degli acquisti (per circa il 50% dei progetti di digital procurement), seguita dall’incertezza sul ritorno dell’investimento e da possibili problemi di integrazione tecnologica. «Il percorso di digitalizzazione», conclude Stabilini, «è strettamente legato alla gestione del cambiamento, alle competenze e alle persone. Non è una semplice questione di miglioramento tecnologico».