Roma, 13 giu – E’ allarme rosso sul mercato del petrolio, dopo un nuovo attacco contro petroliere che transitavano nel Golfo Persico, in prossimità dello Stretto di Hormuz. Le quotazioni hanno immediatamente reagito, il barile di Brent, il greggio di riferimento del Mare del Nord è schizzato fino a 62,64 dollari, successivamente fluttua a 62,10 in rialzo di 2,13 dollari (pari al più 3,55%) rispetto alla chiusura di
ieri.
Il West Texas Intermediate è balzato fino a 53,45 dollari, anche in questo caso il rialzo si è andato smorzando con il passare delle ore e in serata il wti si attesta a 52,85 dollari, un rialzo di 1,71 dollari.
Da rilevare che le quotazioni in precedenza subivano un effetto opposto, frenante, dalla dinamica delle scorte Usa, in assenza de quale i rialzi avrebbero potuto essere anche superiori.
La spinta riflette la rilevanza che l’area in cui sono avvenuti questi nuovi attacchi ha per il settore del petrolio. Dallo stretto di Hormuz, infatti, transitano ogni giorno quasi 17 milioni di barili, quasi un terzo del traffico marittimo totale di oro nero, che sfiora i 53 milioni di barili al giorno.
Reazioni simili dei mercati si erano già viste un mese fa (altra circostanza particolare è che gli attacchi siano avvenuti a distanza di quasi un mese pieno). Il 12 maggio scorso infatti quattro petroliere erano state bersagliate da attacchi i cui autori sono rimasti sconosciuti. Successivamente gli Emirati Arabi Uniti avevano affermato che dietro gli attacchi doveva esserci un non meglio identificato “attore statale”.
I sospetti si sono subito focalizzati sull’Iran, che si trova in uno stato di crescente tensione con gli Stati Uniti. Gli attacchi sono avvenuti pochi giorni dopo che Washington ha spostano un notevole contingente di truppe e bombardieri nell’area.
Altra particolarità degli attacchi di oggi è nel fatto che sono avvenuti praticamente in concomitanza con la visita di stato in Iran del premier del Giappone, Shinzo Abe, che aveva l’obiettivo di allentare le tensioni geopolitiche. Circostanza che è stata messa in rilievo dallo stesso ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif.
Secondo alcuni analisti Teheran continuerà a negare di essere responsabile degli attacchi. Ma al tempo stesso la mancanza di informazioni chiare sui fatti continuerà ad alimentare i sospetti degli Usa e dato l’incremento delle forze militari nella zona aumentano i rischi di un peggioramento delle tensioni.