Roma, 14 giu – Per le grandi imprese non quotate, con fatturati superiori ai 100 milioni di euro, l’apertura della governance e il ricambio ai vertici hanno un impatto positivo sui risultati “ma sono passi ai quali le imprese non si decidono ancora abbastanza”. E’ quanto emerge dall’Osservatorio sulla governance delle imprese non quotate, realizzato da SDA Bocconi School of Management, Banca Generali e PwC TLS Avvocati e Commercialisti, in collaborazione con Cerved.
L’Osservatorio ha analizzato 2.831 grandi imprese non quotate (e 224 quotate a scopo di benchmark) dal 2012 al 2017.
“L’apertura del CdA a consiglieri outsider ha effetti decisamente più positivi sulle imprese non quotate che su quelle quotate, forse perché, per queste ultime, si tratta ormai di una caratteristica diffusa” sottolinea la ricerca rilevando che il ROE adj (redditività del capitale) delle aziende che inseriscono un outsider supera di 0,9 punti quello delle altre e il ROA adj (Rendimento delle attività) migliora di 0,26 punti rispetto all’anno precedente l’ingresso.
Lo stesso vale per l’apertura a consiglieri più giovani: la variazione del ROA adj diminuisce di 0,4 punti quando il cda ha un’età media maggiore di 10 anni rispetto alle altre imprese. Sia nel caso dell’apertura agli outsider, sia nel caso del ringiovanimento, si tratta di decisioni prese molto spesso quando le performance sono negative.
Oltre a questo la presenza di consiglieri esterni “facilita la successione della leadership aziendale, un evento che le imprese, soprattutto familiari, sono restie ad attuare, ma che l’evoluzione demografica dei leader d’impresa italiani e le sue conseguenze su redditività e crescita rendono sempre più urgente”.
Nel 2012 i leader ottantenni erano 107, nel 2017 erano diventati 178 e l’impatto sulla performance si fa sentire: dopo i 70 anni si registrano un ROA adj inferiore di 0,74 punti e una crescita del ROE adj inferiore di due punti. Dopo i 70 anni del leader, inoltre, la crescita media delle imprese si riduce drasticamente, dal 14% medio all’8,4% dei leader ultra-settantenni. Le imprese familiari, inoltre, hanno una probabilità di successione che è un quinto di quella delle altre imprese, e che si riduce soprattutto quando il leader è anche fondatore (-52%) e quando è un membro della famiglia (-73%).
I dati dell’Osservatorio suggeriscono “la necessità di accelerare il processo di sviluppo di un mercato dei consiglieri e il benchmark con le società quotate sui mercati AIM (Mercato Alternativo del Capitale) e MTA (Mercato Telematico Azionario) suggerisce, per le aziende non quotate, l’utilità di apprendere da quelle più strutturate. Una società non quotata che conti, tra i propri consiglieri, professionisti che hanno incarichi anche in aziende quotate, ottiene risultati migliori di chi non ne ha”.
Il mercato dei consiglieri di amministrazione delle società non quotate rimane invece ancora strutturato su base relazionale e registra una scarsa mobilità geografica. Dei 9.608 consiglieri mappati, nel 2017 solo 350 erano stranieri e concentrati soprattutto nelle aziende a controllo finanziario e nelle società operative, a testimonianza del loro probabile ruolo di consulenti nella penetrazione di mercati esteri.
Anche l’apertura del CdA a consiglieri outsider tende ad avvenire quando le performance sono peggiori e, anche in questo caso, gli effetti dell’apertura sono positivi per la successione nella leadership e per le performance.
“Nel complesso, dunque – conclude la ricerca – gli assetti proprietari e le scelte di governance risultano decisivi per il successo aziendale e necessitano di attenta pianificazione, a maggior ragione in un ambiente sempre più difficile”.