Roma, 1 ago – Dopo tre anni di blocco degli aumenti delle aliquote delle imposte e tasse locali, da quest’anno ritorna la facoltà di manovrare di nuovo la leva fiscale a livello locale. Se sul versante delle Regioni non sono stati apportati aumenti di aliquote, diversa e variegata è la situazione per quanto riguarda le tasse comunali. Lo rileva uno studio della Uil.
Secondo la seconda rilevazione del Servizio politiche territoriali Uil, aggiornata al 26 luglio, le aliquote Imu sono state quest’anno riviste al rialzo in 215 comuni, tra cui 4 Città capoluogo (Torino, La Spezia, Pordenone e Avellino). Di segno opposto le scelte fatte a Firenze, Grosseto, Pavia, Lucca, Taranto, Vercelli dove le aliquote scendono.
Più gettonati gli aumenti delle aliquote delle Addizionali Comunali Irpef, dove esistono maggiori margini di aumento: sempre alla data del 26 luglio, su 4.078 Comuni, che hanno comunicato le loro scelte sul sito del ministero dell’Economia, 566 (il 14% del totale) ha scelto di aumentare le aliquote e di rimodulare le esenzioni abbassandone la soglia, tra questi 7 Città capoluogo di provincia (Mantova, Rimini, Barletta, Avellino, Trapani, Lecce e Carrara).
Dalla rilevazione su una famiglia con abitazione di 80 mq e quattro componenti emerge che, nel 2019 la Tari aumenta in 44 città capoluogo di Provincia (4 Città su 10), tra cui Catania, Torino, Genova, Trieste e Napoli; rimane stabile in 26 città, tra cui Milano, Roma, Bologna; diminuisce in 35 città, tra cui Cagliari, Firenze e Venezia.