Roma, 30 lug – L’Italia è un paese esposto al rischio di calamità naturali, in particolare terremoti e alluvioni, che possono causare terribili perdite umane e seri danni al patrimonio abitativo delle famiglie italiane. Tali danni sono stati finora, almeno in parte, risarciti grazie all’intervento pubblico, mentre le assicurazioni hanno avuto un ruolo marginale. Questa situazione espone la finanza pubblica a gravi rischi e suggerisce una maggiore diffusione dello strumento assicurativo, nato esattamente per questo tipo di esigenze.
E’ quanto emerge da un Quaderno di studio pubblicato dall’Ivass, l’organo di controllo delle attività assicurative. Alla pericolosità del territorio italiano si accompagna l’estrema vulnerabilità delle sue costruzioni, frutto anche di diffusa illegalità sia nella localizzazione sia nei criteri edificatori. Aggrava il rischio sismico la maggior diffusione del degrado conservativo degli edifici residenziali nelle aree del paese più soggette a tale rischio, in particolare il Meridione e la Sicilia.
Eppure, secondo lo studio le coperture contro le catastrofi naturali sul patrimonio abitativo italiano riguardano solo 836 mila abitazioni, pari al 2,4% del totale, con una diffusione scarsamente correlata al rischio. Tra queste, circa 570 mila unità (1,7% del totale) sono protette contro il terremoto, altrettante contro il rischio di alluvioni, circa 300 mila (0,9% del totale) hanno una protezione multi-rischio per entrambe le calamità. Come per le polizze incendio, di cui sono un’estensione facoltativa, il fattore maggiormente associato alla diffusione delle coperture contro le calamità naturali è quello geografico. La quota di abitazioni protette è più elevata nel Nord ovest rispetto a quella del Nord est e del Centro ed è molto più bassa nel Sud e isole.
Tutto cio malgrado alle caratteristiche di base del territorio italiano, geologicamente giovane e con numerosi corsi d’acqua a regime torrentizio che ne fanno un’area già di per sé ad elevata pericolosità geomorfologica e idraulica si sono aggiunte negli ultimi decenni – si legge ancora nello studio Ivass – alcune aggravanti. Il cambiamento climatico globale, con l’aumento delle precipitazioni invernali e della siccità estiva, sta accrescendo la frequenza delle alluvioni improvvise; l’abbandono delle aree montane, della manutenzione dei versanti, dei sistemi di terrazzamento e dei circuiti di drenaggio superficiale e sub-superficiale ha aggravato il rischio dei fenomeni franosi. I comuni esposti a un rischio sismico di livello medio-elevato sono 5.157, con 36,9 milioni di residenti. Per il rischio alluvionale, 237 sono i comuni a rischio medio- elevato, con 2,7 milioni di residenti.
Dal 1950 si stimano in Italia oltre 5 mila vittime per i terremoti e circa 1.200 tra morti e dispersi per alluvioni. Lo strumento assicurativo più diffuso per indennizzare i danni da calamità naturali è la polizza danni, che rende necessaria una stima dei danni subiti dall’assicurato. Uno strumento alternativo meno diffuso è l’assicurazione parametrica che, a prescindere dai danni subiti, concede all’assicurato una somma prestabilita misurabile secondo un parametro pre-definito; un altro strumento è l’introduzione di misure in grado di prevenire gravi danni e perdite di vite umane.
L’Italia si distingue nel panorama internazionale per una gestione dei danni da calamità naturali affidata quasi esclusivamente all’intervento statale in fase di ricostruzione ex post. Questo fattore, insieme alla riluttanza “culturale” degli individui ad acquisire una protezione contro le calamità naturali, spiega la scarsa diffusione delle coperture assicurative per tali eventi, acquisibili come integrazione alle polizze incendio sulle abitazioni. Contribuisce inoltre negativamente la ridotta propensione delle famiglie italiane, rispetto agli altri paesi europei, ad acquistare coperture danni non obbligatorie.