Roma, 5 lug – Le deduzioni della sanità integrativa hanno un vantaggio pro capite per i cittadini italiani superiore al 50% (55,37%) rispetto alle detrazioni sanitarie. Queste ultime hanno un costo per le casse dello Stato di poco inferiore a 3,5 miliardi di euro, più del doppio rispetto a quello sostenuto per le deduzioni della sanità integrativa (circa 1,3 miliardi di euro), e producono degli effetti decisamente negativi sia dal punto di vista redistributivo che sociale.
Quasi l’80% (77,91%) dei costi sostenuti da tutti i cittadini italiani attraverso la finanza pubblica per garantire le risorse necessarie al funzionamento del meccanismo delle detrazioni sanitarie va a beneficio dei cittadini con redditi medio-alti, superiori a 60.000 euro (oltre il 50% per i cittadini con redditi superiori a 100.000 euro). A livello territoriale, invece, quasi il 65% di questi costi viene assorbito dalle Regioni del Nord, e meno del 15% dalle Regioni del Sud e Isole.
“Il meccanismo delle detrazioni sanitarie – commenta Marco Vecchietti, amministratore delegato e direttore generale di RBM Assicurazione salute – è più costoso, regressivo e diseguale territorialmente rispetto a quello degli oneri deducibili applicato alla Sanità Integrativa. Si tratta, inoltre, di un meccanismo generalizzato che non prevede alcun collegamento tra l’effettiva necessità di integrare i livelli assistenziali garantiti dal Servizio sanitario nazionale ed il sostegno al reddito del cittadino rischiando, potenzialmente, di favorire anche possibili forme di “overtreatment” e, quindi, di potenziale inappropriatezza. La scarsa convenienza delle detrazioni sanitarie peraltro le rendono piuttosto inadeguate a fronteggiare i fenomeni di elusione/evasione fiscale, che hanno una certa significatività soprattutto in alcuni ambiti della Spesa Sanitaria Privata (visite specialistiche, cure odontoiatriche e badantato)”.
In base all’ultimo Rapporto “Curiamo la corruzione” – promosso da Transparency International Italia con Censis, Ispe-Sanità e Rissc, pubblicato nel 2017 – si stima che circa il 23% della Spesa Sanitaria Privata sarebbe potenzialmente esposta al rischio di elusione/evasione fiscale, fenomeno questo che richiama l’attenzione anche sulla possibile sottostima dell’effettiva incidenza di tali costi sulle famiglie italiane.
Il meccanismo delle detrazioni sanitarie riguarda oltre 18,6 milioni di persone ed intercetta un ammontare di Spesa Sanitaria Privata pari a circa 18,5 miliardi di euro; il costo per la finanza pubblica è di poco meno di 3,5 miliardi di euro, corrispondente ad un prelievo di 85,39 euro per ciascun contribuente, con un vantaggio medio pro capite di 58,18 euro per cittadino.
Il sistema delle deduzioni per la Sanità integrativa riguarda poco meno di 11,7 milioni di persone ed intercetta un ammontare di spesa sanitaria privata pari a circa 6,4 miliardi di euro; il costo per la finanza pubblica è di poco meno di 1,4 miliardi di euro, corrispondente ad un prelievo di 107,80 euro per ciascun contribuente, con un vantaggio medio pro capite di 105,07 euro per cittadino.
“Sviluppare la sanità integrativa che beneficia anch’essa di un regime agevolato, mediante lo strumento degli oneri deducibili ma esclusivamente sulle contribuzioni versate – spiega Vecchietti – ridurrebbe il costo che lo Stato sostiene sul fronte delle detrazioni (anche perché come noto le prestazioni sanitarie rimborsate dalle compagnie assicurative e dai Fondi sono indetraibili), assicurerebbe maggiore uguaglianza anche nell’accesso alle cure private e finalizzerebbe il supporto della finanza pubblica alle sole prestazioni sanitarie ritenute integrative e/o complementari al Servizio Sanitario Nazionale.
Peraltro, la necessità di presentare prescrizioni sanitarie e fatture alle forme sanitarie integrative per ottenerne il rimborso, garantirebbe un miglior controllo in termini di appropriatezza ed un più efficace contrasto dell’elusione/evasione in sanità privata, con un potenziale recupero di base imponibile stimabile tra i 6 e gli 8 miliardi di euro. Del resto, in una logica di protezione sociale sembra più coerente per lo Stato promuovere atteggiamenti responsabili e ‘previdenti’ da parte dei cittadini, come quello di sottoscrivere una Polizza o aderire a un fondo sanitario, che possono intervenire all’intensificarsi dei bisogni di cura e/o di assistenza, piuttosto che accordare un risarcimento di modesta entità di fronte a qualsiasi spesa sostenuta di propria iniziativa dal cittadino in campo sanitario (si pensi, ad es., alla detraibilità delle spese sostenute per acquistare un farmaco c.d. “branded” in luogo del c.d. ‘generico’”.
Vecchietti conclude con la sua proposta: “In questa prospettiva si dovrebbe valutare una riorganizzazione dell’impianto fiscale della Spesa Sanitaria Privata che veda un trasferimento delle risorse attualmente allocate per finanziare il funzionamento delle detrazioni sanitarie, assolutamente inefficiente sia a livello economico che a livello sociale, a sostegno di un Sistema di Sanità Integrativa “diffusa” che garantisca ai cittadini – soprattutto nel momento del bisogno e/o in condizioni di maggiore fragilità – di poter fare affidamento su di un’integrazione adeguata del Servizio Sanitario Nazionale senza aggravarne ulteriormente i costi”.