Roma, 28 ago – Quanto vale potenzialmente il welfare aziendale? Circa 21 miliardi di euro. Oggi il decollo del welfare aziendale è più annunciato che reale, ma in prospettiva potrà dare un grande contributo al benessere dei lavoratori. A regime si può stimare in 21 miliardi di euro il valore potenziale complessivo delle prestazioni e dei servizi di welfare aziendale, se questi strumenti fossero garantiti a tutti i lavoratori del settore privato: un valore pari a quasi una mensilità di stipendio in più all’anno per lavoratore. Perciò è indispensabile che il welfare aziendale sia promosso come un pilastro aggiuntivo del più generale sistema di welfare italiano e non venga percepito come un premio che avvantaggia soprattutto i livelli occupazionali più alti. È quanto emerge dal primo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale.

Soltanto il 17,9% dei lavoratori italiani ha una conoscenza precisa di cosa sia il welfare aziendale, il 58,5% lo conosce solo per grandi linee e il 23,6% non sa cos’è. Ne hanno una conoscenza minore i lavoratori con livelli più bassi di scolarità (il 47% di quelli con al più la licenza media non sa cos’è), quelli con redditi bassi (44,6%), i genitori single (40,3%), gli occupati con mansioni esecutive e manuali (36,7%), le lavoratrici (30,1%). Chi conosce meglio il welfare aziendale lo apprezza di più: favorevole è il 74,4% di chi lo conosce in modo preciso rispetto al 43,3% di chi non lo conosce. Ecco perché è fondamentale una comunicazione capillare sul contenuto e sul ruolo strategico di questo strumento.

Di fronte alla possibilità di trasformare quote premiali della retribuzione in prestazioni di welfare, il 58,7% dei lavoratori si dice favorevole, il 23,5% è contrario e il 17,8% non ha una opinione in merito. Ad essere più favorevoli sono i dirigenti e i quadri (73,6%), i lavoratori con figli piccoli, fino a 3 anni (68,2%), i laureati (63,5%), i lavoratori con redditi medio-alti (62,2%). Meno favorevoli sono gli operai, i lavoratori esecutivi e quelli con redditi bassi. Tra gli operai (41,3%) e gli impiegati (36,5%) sono più elevate le quote di lavoratori che preferiscono avere più soldi in busta paga invece che soluzioni di welfare.

Tra le prestazioni di welfare aziendale maggiormente desiderate dai lavoratori ci sono quelle relative alla sanità (indicate dal 53,8% degli occupati), quelle relative alla previdenza integrativa (33,3%), poi i buoni pasto e la mensa aziendale (31,5%), il trasporto da casa al lavoro (ad esempio, l’abbonamento per i trasporti pubblici: 23,9%), buoni acquisto e convenzioni con negozi (21,3%), l’asilo nido, i centri vacanze, i rimborsi per le spese scolastiche dei figli (20,5%). Le prestazioni di welfare propriamente intese, dalla sanità alla previdenza, vincono su quelle finalizzate all’integrazione del reddito, mentre la presenza di figli minori in famiglia porta ad apprezzare di più le prestazioni per l’infanzia e i servizi rivolti alla genitorialità, nella convinzione che il welfare aziendale possa colmare i buchi del sistema di welfare pubblico. Il 24,6% delle famiglie con figli minori preferirebbe ottenere prestazioni di welfare: asili nido, rimborsi per tasse scolastiche, campus e centri vacanze.