Roma, 26 set – E’ stata inaugurata venerdì 23 agosto presso il Museo Postale e Telegrafico della Mitteleuropa di Trieste, la mostra filatelica dedicata a “TRIESTE E L’ESPERANTO”, un percorso fatto di annulli, cartoline, chiudilettera e fotografie che illustra il cammino fatto in questo campo dall’Associazione esperantista triestina grazie ai suoi soci filatelici. La mostra resterà aperta fino al 28 settembre per gli esperti filatelici e per gli appassionati di storia e linguistica.
L’esposizione ha anticipato l’86esimo Congresso Italiano di Esperanto che dal 25 al 31 agosto nelle sale del Savoia Excelsior Palace ha affrontato il tema “Multiculturalità e plurilinguismo oggi” alla presenza di oltre 250 partecipanti provenienti da 4 continenti e 29 paesi.
Per l’occasione Poste Italiane aveva anche realizzato una cartolina dedicata alla mostra con uno speciale annullo postale. Non è un caso che Esperanto, Filatelia e storia delle Poste intreccino i propri destini qui a Trieste.
Infatti, “l’ecumenismo linguistico” dell’Esperanto trova la giusta metafora nel mondo della filatelia. “Ogni paese crea i propri francobolli in base alla propria cultura, alle proprie tradizioni e alla propria lingua – afferma Edvige Ackermann, presidente dell’Associazione Esperantista Triestina – ma è una diversità che cerca sempre lo scambio, il confronto e la condivisione in funzione di una conoscenza reciproca. Esattamente come l’Esperanto”.
Inoltre ‘postale’ e ‘triestino’ era il fondatore del primo Circolo Esperantista di Trieste, con sede in piazza della Borsa 9. Arturo Ghez, classe 1873, laureato in giurisprudenza in Austria, segretario ufficiale della Direzione delle Poste e dei Telegrafi di Trieste, girò in lungo e in largo l’Europa. Durante uno dei suoi tanti viaggi entrò in contatto con il nuovo idioma e fu amore a prima vista. Da quel momento, diventerà un ‘evangelizzatore’ dell’Esperanto in Italia e in Europa, sia come professore sia come fondatore, nel 1906, di quella che sarà l’Associazione esperantista.
I suoi occhi penetranti e i baffi inamidati dominano gli spazi della mostra e incutono ancora oggi una certa soggezione, quasi a ribadire la forza etica del proprio testamento linguistico: “L’Esperanto farà cadere le barriere, che da secoli dividono l’umanità – sosteneva Ghez – un auspicio che, nonostante la contaminazione anglofona e la caduta dei muri, resta ancora molto attuale”.