Roma, 18 ott – La tutela della proprietà intellettuale è un parametro molto indicativo del livello di avanzamento di un paese. L’Italia su questo versante è ancora indietro rispetto agli altri paesi del G7 e i rischi potrebbero peggiorare con l’eventuale implementazione della “Belt and Road iniziative”, la cosiddetta nuova Via della Seta, progetto a cui sta lavorando Pechino per il miglioramento dei suoi collegamenti commerciali con i paesi nell’Eurasia.

E’ quanto emerge dall’International Property Rights Index 2019, uno studio realizzato dalla Property Rights Alliance di cui fa parte il think tank italiano competere.eu, che misura come viene tutelata la proprietà in oltre 129 Paesi che rappresentano il 98 per cento del PIL mondiale ed il 93 per cento della popolazione.

In questa classifica l’Italia è ben distante dagli altri Paesi del G7 e si colloca al quarantaseiesimo posto, dopo il Bahrein e la Giordania, con un punteggio finale di 6.1 su 10. Il distacco con i vertici della classifica è significativo. Finlandia, Svizzera, Nuova Zelanda, Singapore e Australia, che occupano le prime cinque posizioni, hanno tutte un punteggio superiore a 8.5 mentre i Paesi del G7 mediamente hanno ottenuto un punteggio pari a 7,9.

L’indice si compone di tre voci principali che riguardano il “sistema politico e giuridico”, la “tutela dei diritti fisici” e la “tutela dei diritti intellettuali”. L’Italia è insufficiente nella prima voce, soprattutto per quanto riguarda la stabilità politica e l’efficienza e l’efficacia della giustizia civile, oltre agli alti livelli di corruzione percepiti, mentre raggiunge una risicata sufficienza nelle altre due. Nel 2019 il punteggio IPRI dell’Italia è aumentato di 0,132 a 6,126 posizionando, come detto, il nostro Paese al 46esimo posto tra i 129 presi in esame e al 18esimo posto sui 19 dell’Europa occidentale. L’Italia è classificata dall’FMI come parte del gruppo Advanced Economies e dalla Banca Mondiale come paese ad alto reddito.

Nel dettaglio, il punteggio del sotto-indice legale e politico in Italia è aumentato di 0,078 a 5,473 con punteggi di 5,012 in indipendenza giudiziaria, 5,649 in stato di diritto, 5,377 in controllo della corruzione e 5,856 in stabilità politica. Il sotto-indice italiano sui diritti di proprietà fisica è aumentato di 0,182 a 6,136 con punteggi di 5,590 in percezione della protezione dei diritti di proprietà, 9,479 in registrazione di proprietà e 3,340 in facilità di accesso ai prestiti. Il punteggio del sotto-indice per i diritti di proprietà intellettuale in Italia è aumentato di 0,137 a 6,768 con punteggi di 5,937 in Perception of Intellectual Property Protection, 8,67 in tutela dei brevetti e 5,7 in tutela del copyright.

Secondo Competere.eu, nonostante il lieve miglioramento, potrebbero sorgere nuovi problemi con l’ingresso del nostro Paese nella Belt and Road Initiative. Il made in Italy, infatti, è penalizzato dalla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti, che provengono per la maggior parte dalla Cina e da Hong Kong. Nel 2016 la perdita subita dalle aziende italiane a causa del falso made in Italy è stata di 24 miliardi di euro, ossia il 3,2% delle esportazioni. L’apertura di una nuova “Via della Seta” potrebbe acuire questo fenomeno, facendo dell’Italia un punto di transito verso l’Europa per nuove merci contraffatte e danneggiando le imprese nostrane.

“L’Italia – dichiara Giacomo Bandini direttore di Competere.eu e autore dello studio  – è ancora una volta ben distante dagli altri paesi Occidentali. Con l’ingresso nella Belt and Road Initiative cinese i rischi potrebbero aumentare per la proprietà intellettuale legata al made in Italy. Prima di proseguire con l’accordo, è necessario stabilire con la Cina degli standard di tutela della proprietà solidi e concordare attività di contrasto alla contraffazione, che causa 24 miliardi di perdite per l’Italia e le sue aziende”.

“I diritti di proprietà – aggiunge Pietro Paganini presidente di Competere.eu – sono un indicatore chiave del successo economico e della stabilità politica, e una componente fondamentale dell’innovazione. Non è un caso, infatti, che ai primi posti di questo speciale indice si trovino da anni i paesi che innovano di più, come quelli Scandinavi, gli Stati Uniti, Singapore e la Svizzera”.

Per Roberto Race, segretario generale del Think Tank, “è fondamentale che la difesa della proprietà intellettuale diventi una priorità per il Governo. La politica e il sistema giudiziario oggi non favoriscono la tutela e mettono in difficoltà le imprese e a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro. L’indice è uno strumento importante per governi e policy maker perché dimostra la relazione che esiste tra tutela della proprietà, innovazione e crescita economica. I Paesi che crescono di più sono, infatti, primi in innovazione e guidano la classifica dell’IPRI”.