Roma, 16 ott – La frenata dell’economia globale e le tensioni sul commercio, assieme alla reazione delle Banche centrali con misure espansive, hanno fatto ulteriormente lievitare la mole di obbligazioni che presentano tassi negativi. E questo quadro ha ulteriormente esacerbato la ricerca di rendimenti e l’assunzione di rischi da parte degli investitori. Al punto tale che, nel suo ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria, il Fondo monetario internazionale avverte che nel caso si inneschi una crisi economica – con una portata pari ad appena alla metà di quella del decennio passato – l’ammontare di bond e debiti privati a rischio raggiungerebbe l’astronomica cifra di 19.000 miliardi di dollari.
Questa voce, inquadrata come il totale di debiti su cui le aziende non sarebbero in grado di ripagare gli interessi in base ai loro utili, raggiungerebbe il 40 per cento dell’indebitamento totale delle imprese nelle maggiori economie. Perfino al di sopra delle soglie registrare durante la crisi globale, secondo quanto afferma il Fmi nel Global Financial Stability Report.
L’ammontare di obbligazioni che offrono tassi negativi ha raggiunto i 15.000 miliardi di dollari e “i tassi molto contenuti stanno spingendo gli investitori a cercare rendimenti esponendosi ai rischi su asset più illiquidi – afferma il Fmi -. Le politiche monetarie accomodante sostengono le economie, ma stanno anche incoraggiando la presa di rischi”.
Per questo lo studio propone tre raccomandazioni ai policy maker. Primo, servono sforzi per aumentare la trasparenza e la comunicazione di informazioni sui mercati finanziari non bancari, “in modo da consentire una valutazioni dei rischi più ampia”. Secondo, va potenziata la vigilanza proprio sui player finanziari non bancari. Terzo, conclude il Fmi, l’aumento del ricorso a finanziamenti esterni da parte di economie emergenti e “di frontiera” richiede una prudente gestione dell’indebitamento.