Roma, 12 nov – Rischia un effetto boomerang, se non proprio la proverbiale zappa sui piedi, una delle prime iniziative della neo presidente della Bce, Christine Lagarde. Secondo il Financial Times, all’esordio avrebbe invitato i componenti del Consiglio direttivo, in cui siedono i governatori delle Banche centrali di tutto l’Eurosistema, a inviare “proposte” per migliorare le procedure di discussione interna dell’istituzione.
La questione sarebbe stata anche inserita nell’agenda del Consiglio direttivo che si svolgerà mercoledì 13 novembre, il primo sotto la presidenza Lagarde (sarà una riunione non operativa sulla politica monetaria). E secondo il quotidiano a farsi avanti sono stati finora in 4, apparentemente animati da un atteggiamento avverso alla linea espansiva che finora era stata guidata da Mario Draghi.
Le loro proposte spazierebbero dal tenere voti formali su tutte le decisioni di politica monetaria all’impedire al presidente di preannunciare i futuri progetti dell’istituzione. In pratica, ed è qui il possibile effetto boomerang, la proposta sarebbe anche quella di ridimensionare il ruolo della stessa presidenza, appena rilevata da Lagarde. Secondo il quotidiano “diversi componenti” del Consiglio “erano irritati dalla tendenza di Draghi si annunciare i cambiamenti di policy prima di discuterli al Consiglio”.
Questa critica però contiene elementi potenzialmente molto problematici, perché la capacità delle Banche centrali di rendersi prevedibili sui mercati è un aspetto essenziale per evitare che le variazioni di politica monetaria si accompagnino da episodi di volatilità non voluti. E il ruolo del presidente su questo versante è cruciale, in quanto unico “portavoce” del Consiglio. Ruolo che non è stato creato ma ereditato da Draghi dal suo predecessore, Jean-Claude Trichet.
Spesso è capitato che le parole del presidente muovessero i mercati più delle stesse misure. In alcuni frangenti gli interventi del presidente sono stati cruciali per gestire fasi molto difficili: sono entrate nella storia le parole “whatever it takes” pronunciate da Draghi nell’estate del 2012, che ebbero un enorme effetto calmierante sull’eurocrisi. Le proposte che sembrano arrivare da alcuni del direttorio Bce potrebbero aver impedito interventi verbali strategici come questo. E in definitiva inficiare la capacità del presidente di esprimere la linea finirebbe per inficiare le capacità stesse della banca centrale..
Non solo. “Almeno un componente del Consiglio vorrebbe voti formali su ogni decisione”, dice ancora il FT. Questo è un altro aspetto problematico sulla conduzione del Consiglio e della pubblicazioni di relativi verbali. E questa logica si riflette anche nelle rendicontazioni del direttorio. Inizialmente non c’erano e basta, l’unico resoconto era quello orale fornito, se lo riteneva, dal presidente. Sotto l’era Draghi dal 2015 è stato introdotto un nuovo meccanismo di verbali, che tuttavia non indicano mai chi abbia votato cosa. Secondo il quotidiano la proposta di modifica che si è vista recapitare la Lagarde è quella di votare sempre su tutto e rendicontare sempre tutto, più in linea con altre banche centrali come la Fed statunitense, che però arriva da un’altra storia.
Sempre secondo le ricostruzioni del quotidiano la neo presidente non avrebbe ancora sentito tutti i governatori dell’area euro. Quindi potrebbero arrivare altri spunti. Ad ogni modo il tema potrebbe segnare un avvio impegnativo al suo primo Consiglio, il 13 novembre. Riunione in cui non sono previste decisioni di politica monetaria: per questo il primo Consiglio utile sarà quello del 12 dicembre.