Roma, 22 nov – “Per risolvere i problemi non c’è bisogno di grandi manager o di uomini forti, ma è necessario essere uniti nell’impegno di non cedere all’indifferenza. Ognuno con le proprie qualità e i propri doni può diventare costruttore di fraternità. Il mondo cambia non se qualcuno fa i miracoli, ma se tutti ogni giorno fanno quello che devono fare. Il cambiamento duraturo parte sempre dal basso, non è mai solo un’operazione di vertice. C’è bisogno di tutti per ricostruire il tessuto sociale e percepire la forza di essere popolo. In quest’ottica sono tutti importanti: l’ammalato, il povero, il bambino, il vecchio, l’operaio, il professionista, l’imprenditore, il dotto e l’ignorante”. È il video messaggio che Papa Francesco ha inviato, in occasione dell’apertura dei lavori, ai partecipanti alla IX Edizione del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, che si svolge a Verona, presso il Cattolica Center, dal 21 al 24 novembre 2019, sul tema “Essere presenti: polifonia sociale”.

“È urgente – ha detto il Pontefice – non imbrigliare la libertà di fare il bene. Il nostro Paese va avanti perché tante persone nel silenzio vivono onestamente, lavorano, sono solidali, si prendono cura di chi è nel bisogno. Auguro a tutti voi che partecipate al nono festival della Dottrina Sociale della Chiesa di essere tessitori di un tessuto sociale nel quale la presenza diventa un dono che fa risplendere la bellezza della fraternità.
Rinnovo il mio saluto cordiale a tutti i partecipanti al nono Festival della Dottrina Sociale della Chiesa e in particolare ai molti volontari che offrono gratuitamente la loro disponibilità”.

“La presenza – dice il Papa – non è una teoria, ha una fisicità, è concreta. Si esprime in vicinanza, condivisione, accompagnamento o nel semplice stare accanto a qualcuno. La presenza ha un’efficacia decisiva che tutti abbiamo provato perché tutti conosciamo la differenza tra essere soli ed avere qualcuno accanto. Essere presenti significa togliere dall’isolamento e far giungere quel calore umano che ravviva l’esistenza di chi incontriamo. La presenza permette di vedere l’altro e di essere visti da lui, attivando una dinamica relazionale che accende la vita. Essere presenti significa tenere gli occhi aperti per evitare che qualcuno rimanga escluso dal nostro sguardo. Chi non è visto da nessuno, entra a far parte della schiera degli invisibili formata da emarginati, poveri, scartati, sfruttati. Non vederli è il modo più sbrigativo per non farci problemi; eppure loro ci sono e, anche se facciamo finta di non vederli, esistono”.

“Essere presenti – sono le parole del Papa – significa prendere l’iniziativa, fare il primo passo, andare incontro, arrivare all’incrocio delle strade dove si trovano i tanti esclusi. È bello pensare ad una presenza diffusa, che abita tutti i luoghi, porta tenerezza e opera come il lievito. Immersi nella pasta dell’umanità pronti a prendersi cura dei fratelli. Possiamo articolare il significato della presenza con tre verbi: vedere, fermarsi, toccare. Vedere è il primo passo che aiuta ad uscire da noi stessi e ci fa guardare in faccia la vita così come si presenta. Quello che vediamo ci può anche spaventare, indurci a scappare e negare ciò che abbiamo visto. Vedere l’altro chiede di fermarsi: la presenza non è una corsa, è stare con l’altro. Correre non ci fa accorgere di tanti volti e tanti sguardi. Quante persone solo molto tardi nella vita si accorgono di aver corso e di non mai aver avuto il tempo di fermarsi a giocare con i propri figli, di dialogare con i genitori anziani, di curare gli affetti, di non essere stati disponibili ad aiutare. Quando si vuol bene ad una persona si prova il desiderio forte di stare con lei e non di correre altrove. Infine la presenza si esprime anche nel toccare, nel togliere la distanza con l’altro, nel trasmettere calore, nel farsi carico, nel prendersi cura. Una presenza così intesa è mite e dialogante ed è alla portata di tutti”.

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