Roma, 9 dic. – Sono 150mila i lavoratori “a rischio nei settori elettricità, gas e rifiuti”. Lo affermano le Cooperative elettriche italiane storiche aderenti a Confcooperative Consumo e Utenza, secondo cui il rischio si concretizzerà “dal primo gennaio 2021 se il governo non dovesse intervenire sulla disciplina delle concessioni contenuta nel Codice degli appalti”. L’articolo 177, comma 1 del Codice degli appalti “prevede che le imprese del gas e dell’elettricità debbano mettere a gara una quota pari all’80% di tutti i loro lavori, servizi e forniture di importo superiore a 150mila euro. L’obbligo è stato però esteso per via interpretativa anche ai lavori che le imprese concessionarie svolgono con i propri dipendenti”.
Questo vuol dire “che l’impresa è obbligata a esternalizzare e a smembrare l’80% della propria attività: una imposizione incomprensibile e irragionevole, non prescritta dalle direttive europee e censurata dallo stesso Consiglio di Stato, che l’ha ritenuta incostituzionale”. “Imporre una gara è un conto – dicono le cooperative elettriche – imporre lo smembramento di un’impresa è un altro. Rischiamo un pesante contraccolpo occupazionale e perdita di professionalità nelle aziende del gas e del settore elettrico se il governo non dovesse intervenire”.
Se la norma dovesse applicarsi “molte società si trasformerebbero in un sol colpo in piccole società appaltatrici, costrette a licenziare la maggior parte dei propri dipendenti, disperdere competenze e dequalificare servizi essenziali per la comunità, privandole altresì di quegli investimenti necessari per modernizzare le infrastrutture energetiche, con un abbassamento generale dei livelli di sicurezza. È senza dubbio una misura irrazionale, da scongiurare a ogni costo”.
Anche la segnalazione 481 del 12 marzo a parlamento e governo, aggiungono le cooperative, da parte dell’authority per l’energia “evidenzia rilevanti profili di criticità con specifico riguardo ai rischi di ricadute negative sulla continuità e sulla qualità del servizio reso e al possibile aumento dei costi per la gestione delle concessioni e conseguente loro traslazione sui clienti finali. Sarebbe opportuno dunque intervenire su una disposizione che appare irragionevole e sembra presentare tratti di incostituzionalità”.