Roma, 11 dic – Le nanoscopiche vescicole extracellulari rilasciate da alcuni batteri presenti nel microbiota vaginale potrebbero essere in grado di ridurre la diffusione del virus Hiv. A suggerirlo è uno studio realizzato su colture di tessuti e cellule umane da ricercatori del National Institutes of Health (Usa) e dell’università di Bologna. Pubblicata su Nature Communications, la ricerca potrebbe aprire la strada a nuove strategie per ridurre la diffusione del virus Hiv da uomo a donna.
Le vescicole extracellulari, spiega l’Alma Mater, sono piccole particelle sferiche che vengono prodotte da molti tipi di cellule. All’interno dell’organismo hanno diverse funzioni, ma in generale si pensa che permettano il trasporto di informazioni, sotto forma di molecole, da una cellula ad un’altra. I ricercatori hanno isolato in particolare le vescicole extracellulari prodotte da quattro ceppi di Lactobacillus, un batterio che gioca un ruolo importante nel prevenire la trasmissione del virus Hiv e che è naturalmente presente nel microbiota vaginale.
In laboratorio, i ricercatori hanno aggiunto le vescicole extracellulari prodotte da Lactobacillus ad una coltura di linfociti T umani (una tipologia di cellule del nostro sistema immunitario) che è stata poi infettata con il virus Hiv. Confrontando questa coltura “arricchita” con un’altra senza vescicole, gli studiosi hanno rilevato che nella prima la diffusione dell’infezione di Hiv era molto minore. Inoltre, aumentando la quantità di vescicole, il numero di cellule infettate dal virus si riduceva ulteriormente. Allo stesso modo, aggiungendo le vescicole di Lactobacillus in colture di tessuti umani (di linfonodi e di cervice uterina), i ricercatori hanno rilevato che l’infezione di Hiv risultava ridotta.
Grazie a questi esperimenti, gli studiosi hanno scoperto anche il meccanismo che porta alla riduzione dell’infezione. L’azione delle vescicole extracellulari, infatti, impedisce all’Hiv di aderire alla superficie delle cellule e quindi di infettarle. Per farlo, le vescicole agiscono direttamente sul virus, colpendo particolari molecole presenti sulla sua superficie esterna che il virus utilizza per aderire alle cellule da attaccare.