Guadano i fiumi, attraversano i mari, percorrono centinaia di chilometri su strade sterrate, raggiungono luoghi inerpicati sui monti, dove gli abitanti a volte si contano sulle dita di una mano. Sono i portalettere del “recapito impossibile”, quelli che garantiscono la presenza capillare della nostra Azienda sul territorio e la sua funzione sociale lungo lo Stivale senza dimenticare le isole, anche le più remote. “Diamo l’anima. Siamo abituati a percorrere strade in cui riesce a passare un’auto per volta”, racconta Graziano, portalettere da quasi 25 anni impiegato – dopo le esperienze cittadine di Milano e Varese – nei comuni salernitani di Casaletto Spartano, Caselle in Pittari e Tortorella. Ogni giorno sale fino a 1.400 metri di altezza, percorrendo almeno 100 km in un territorio aspro: “In alcune zone non è possibile arrivare con l’auto, per cui la lasciamo in paese e siamo costretti a procedere a piedi, portando i pacchi in braccio come fossero bambini”. Uno sforzo che, in queste aree difficili da raggiungere, è sempre ripagato dall’accoglienza dei cittadini: “Si basa tutto sulla fiducia riposta in chi serve la zona – continua Graziano –. La conoscenza personale è fondamentale. Alcuni, se si accorgono di noi guardandoci dalle abitazioni più alte, provano a venirci incontro per risparmiarci un po’ di quella salita”.
Lungo i percorsi
Da nord a sud, isole comprese, c’è ovunque un postino chiamato a un’impresa (quotidiana). Perfino nell’avanzata e morfologicamente “piatta” Emilia-Romagna esistono portalettere di frontiera. È il caso di Maria Paola, che con il Fiorino a Carpaneto Piacentino, in località Olmeto, deve guadare il torrente Chero per poter raggiungere alcune abitazioni. Quando il torrente è in piena il guado è impraticabile e Maria Paola deve compiere un percorso alternativo di circa 18 km, passando per il comune di Gropparello. Che sia in Pianura Padana o sull’Aspromonte, c’è ovunque un postino che potrebbe ispirare un romanzo di Salgari. Prendete il portalettere della frazione di Campoli, nel comune di Caulonia, in provincia di Reggio Calabria: il percorso per raggiungere questa destinazione è molto accidentato e costituito da strade tortuose con tornanti stretti e non sempre percorribili in inverno. Una volta arrivati in contrada Barone, dove abita soltanto una persona, percorrendo una stretta strada sterrata per un paio di chilometri, si giunge a un bivio che porta alla SS 110. Imboccando la statale in direzione di Serra San Bruno, dopo circa un chilometro si arriva nella contrada di Ziia, dove risiedono soltanto poche famiglie. Proseguendo sulla SS 110, e passando dalla sede della Mangiatorella, nota per l’acqua minerale, si arriva all’incrocio e da qui, proseguendo per circa 5 km, si raggiunge finalmente la contrada Campoli. Luoghi senza scuole e mezzi pubblici, dove Poste rappresenta l’unico servizio esistente per i pochi residenti.
Nelle zone del sisma
Che dire poi delle zone del Centro Italia colpite dai terremoti degli ultimi anni? Nel Centro di distribuzione di Centi Colella, a L’Aquila, ogni portalettere avrebbe una storia da raccontare. Luigina, con la sua Panda, si destreggia con sicurezza tra le strade della sua amata montagna, lei che ha anche una piccola fattoria con galline, conigli, fagiani, oche e faraone. Da L’Aquila raggiunge la frazione Mascioni, nel comune di Campotosto, a 1.408 metri sul livello del mare, nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, a soli 10 km di distanza da Amatrice. Gli effetti delle ripetute scosse di terremoto cominciate nell’agosto 2016 sono ancora evidenti. Luigina ricorda in particolare il 18 gennaio 2017, il giorno della valanga di Rigopiano. Nelle sue orecchie risuona ancora il boato. Sulla strada da Centi Colella a Mascioni si incontrano poiane, caprioli, lupi e cinghiali. A Campotosto, uno scenario surreale. La piazza centrale – dove c’erano il bar, un ristorante, una pizzeria e una banca – si è trasformata in un enorme cantiere. L’Ufficio Postale, ora in un container, è uno dei pochi baluardi rimasti, insieme al bar della Villa, anche questo in un container, e alla bottega Fonte della Tessitura, in una casetta in legno. A Mascioni, Luigina consegna soprattutto raccomandate, qualche pacco, riviste varie tra cui “L’Alpino”, sempre molto attesa. Ad aspettarla ci sono non più di 25 anime: lei arriva attraversando un ponte sul suggestivo lago di Campotosto, lungo la strada provinciale. Il ponte è di costruzione recente, ma accanto, a pochi metri di distanza, sorge quello vecchio, realizzato nella prima metà del secolo scorso e ora in disuso. È il Ponte delle Stecche, spiega Luigina, che si dimostra preparatissima e canticchia: «Bello Mascioni me’/chi te l’ha fatto fa’/lu ponte della stecca/pe’ passà». Da queste parti non ci si perde mai d’animo.
Dove il tempo si è fermato
E poi ci sono i portalettere delle isole, quelli che affrontano l’acqua alta e che consegnano la posta sfidando qualsiasi condizione meteorologica. Mauro, postino delle Isole Tremiti, raggiunge in gommone i 131 residenti (quelli che restano anche d’inverno) dell’Isola di San Nicola. Alle Eolie, la piccola Alicudi nella stagione invernale conta non più di 50 abitanti, tra cui i pochi alunni della scuola più piccola d’Italia. Inutile dire che ci si conosce tutti, e questa è la parte più bella del lavoro: le persone passano per il piccolo Ufficio Postale anche solo per salutare. La corrispondenza è gestita dal portalettere di Salina e i pacchi sono tantissimi perché qui non esistono negozi e si compra molto online. L’Ufficio si trova abbastanza vicino al mare, a 30 gradini dal porto: il paese è arroccato su una scalinata. A Panarea, altro piccolo “scoglio” dell’arcipelago delle Eolie, il portalettere arriva in aliscafo (da Milazzo o dalle altre isole). Fino agli anni ’70 il postino arrivava qui in nave e poi veniva preso in mezzo al mare con un barchino a remi e accompagnato sull’isola con il suo sacco di juta. Consegnava la posta e rimaneva sull’isola fino alla nave successiva, a volte anche una settimana. Il fascino di allora ha resistito al tempo.