Questo borgo fantasma, antico e magico se ne sta aggrappato sopra un enorme sperone di tufo. È piantato come un chiodo nel centro d’Italia, preso nel vortice della sua storia millenaria, proprio nel cuore del Lazio: qui non ci arrivano nulla e nessuno, tranne le lettere. Benvenuti a Celleno Vecchia: questo incantato presepe di pietra è un borgo medievale, nato su un antico insediamento etrusco, poi ovviamente romano, quindi diventato terreno di confine e del conflitto feroce e interminabile tra guelfi e ghibellini, una cerniera strategica tra papato e impero: il borgo morto, devastato, saccheggiato dai tombaroli, terremotato, addirittura minato e fatto brillare in epoca fascista, quindi abbandonato e dimenticato, è risorto (almeno in parte) in questo ultimo ventennio di vita repubblicana. Queste mura abbarbicate sulla roccia sono una mappa stratigrafica perfetta della nostra storia, un gorgo che gira nel racconto d’Italia.
Il destinatario solitario
In questo borgo voi ci state entrando proprio adesso, arrampicandovi lungo una bellissima e diroccata scala di pietra (l’unica via di accesso per entrarci) insieme a chi vi scrive, e alla più frequente visitatrice di queste mura: la postina Martina che sta portando, all’unico abitante del borgo, le bollette del mese. In questa bellissima giornata di luce, Martina e io arriviamo in una piazzetta che pare una scultura, il set di un film immaginato da qualche scenografo virtuoso: da una lato c’è la facciata di un palazzo crollato, come uno scheletro avvolto di rampicanti e proiettato sullo strapiombo di una vallata tutta verde. Qui dove ogni cosa sembra immaginata da un pittore gotico, o sognata da un Tolkien italiano, è come se queste rovine fossero la cornice di un quadro, con incastonato dentro un paesaggio mozzafiato. Sulle arcate di tufo sospese in mezzo al nulla (deve essere un segno) resiste una sola targa in pietra, dell’Ottocento, reperto di un’altra epoca. Sopra c’è incisa una scritta: “Poste e Telegrafi”. Pensate: Martina che consegna la posta nella piazza in cui c’era l’Ufficio Postale, è l’ultimo legame tra un secolo e l’altro, tra il passato e il futuro. Dall’altro lato dell’antica piazzetta di Celleno ci sono due palazzine, appena restaurate dal Comune: a destra un piccolo museo, e a sinistra una chiesa sconsacrata, il solo indirizzo abitato, un luogo di nuove sorprese e di meraviglie. Alla sinistra c’è una piccola foresteria. A destra un castello medievale, dove fino a due anni fa ha abitato uno dei più grandi artisti contemporanei italiani, Enrico Castellani l’uomo che ha reinventato la tela per raccontare la materia. È lui che – prima di morire – ha ristrutturato e salvato questo maniero (dove aveva scelto di abitare) dalla rovina certa: il castello è protetto da un enorme portone in legno e da un fossato, un maestoso ponte di archi che sorveglia l’ingresso. Se questa mattina con noi ci fosse un novello Gabriel Garcia Marquez, questo luogo sarebbe già un romanzo fantastico, una nuova Macondo.
Un bizzarro museo
È proprio in questo spazio che ci accoglie il destinatario della corrispondenza, il signor Mario. Gran personaggio Mario: è un collezionista, nonché il geloso custode del piccolo museo, collocato proprio nel centro della piazza, e pieno delle meraviglie che lui stesso ha raccolto nel corso di una intera vita. Ovvero, quello che mai ti immagineresti di trovare in questo scenario di sapore medievale: antichi grammofoni, i primi fonografi, televisori a valvole, pianole meccaniche, mobili in radica e puntine di diamante, e persino una pattuglia di coloratissime motociclette d’epoca. Per anni Martina ha consegnato a Mario la sua posta, ad esempio le stampe d’epoca che lui scovava in ogni angolo d’Italia e ordinava per corrispondenza. Tuttavia Mario non è – come si potrebbe immaginare – un miliardario eccentrico, che ha potuto attingere da un conto corrente senza fondo per coltivare le sue passioni. È un ex dipendente dell’Atac, che ha vissuto di stipendio e che ha lavorato d’ingegno su ogni singolo pezzo della sua collezione per trovarlo, strapparlo al prezzo migliore, ripararlo per aumentarne il valore. Martina, che ormai lo conosce bene, gli fa sempre la stessa domanda: “Ma come hai fatto?”. E lui, ogni volta, risponde più o meno allo stesso modo: “Non lo so nemmeno io. Ma sono sicuro che se avessi avuto una moglie non sarei potuto riuscire nella mia impresa”.
I fantasmi a un’ora da Roma
Benvenuti, dunque, nel cuore d’Italia. Celleno Vecchia è un luogo che dovrebbe essere citato in tutte le guide, visitato da tutti coloro che vogliono recuperare una dimensione magica, scoprire un angolo incantato che racconti in sintesi stratigrafica l’Italia vera (e non quella per turisti): Celleno si trova a solo un’ora di distanza da Roma, ed è un borgo immerso in un paesaggio verde che sembra disegnato da un pittore naïf. “Un anno fa – racconta Mario – in questa piazzetta sono arrivati anche quattro uomini e una donna, tutti vestiti di nero, che indossavano dei giubbotti con il simbolo di una fenice stampigliato sopra”. Non erano marines, ma una equipe dell’Epas, ovvero dell’European paranormal activity society, e questi signori sono convinti di aver trovato proprio qui la prova di presenze soprannaturali. Hanno chiesto regolari permessi, sono calati nella piazzetta e tra le antiche mura con telecamere a infrarossi e rivelatori di frequenza, lampade a luce violetta, hanno percorso i vicoli, ispezionato le mura, perlustrato l’antico campanile diroccato, le fondamenta della chiesa e alla fine hanno siglato un referto molto serio: “Qui ci sono i fantasmi”. Di questo lavoro esiste anche traccia su YouTube, un video di trenta minuti in cui si vede di tutto, dai geiger che sobbalzano alle bacchette di ferro che si divaricano (“Sei uno spirito? Ti stiamo disturbando? Se sei in ascolto muovile!”). Chiedo a Mario se ci creda davvero. Mi risponde allargando le braccia, con una faccia buffa, con gli occhi sgranati e un sorriso: “Aò, che te devo dì? Qui qualcosa di sicuro ce sta”.