Quando il treno blu si inoltra nel bosco, tra i faggi e i castagni battuti dal vento, davanti agli occhi si schiude uno spettacolo che il passeggero non dimenticherà: il giallo e il marrone delle foglie, che danzano sui binari al passaggio del convoglio, più lontano il verde dei larici e sullo sfondo le cime bronzee delle Alpi Lepontine. Da quasi cento anni (la costruzione è del 1923) la ferrovia Vigezzina-Centovalli percorre i 52 chilometri che separano Domodossola da Locarno, in Svizzera, in un viaggio che regala paesaggi mozzafiato a turisti e residenti.
La vita “arriva” con il treno
“Qui in montagna il rapporto con i cittadini è confidenziale — racconta Marco, che ogni giorno sale sul treno blu e fa la spola tra i quattro Uffici Postali della valle — quando consegno una lettera c’è chi mi chiede di aprirla e leggerla insieme. E se la consegna è a mezzogiorno, devi mettere in conto un invito a pranzo. È un rapporto umano con la gente che a fine giornata ti ripaga sempre”. Curva dopo curva, si capisce perché la celebre guida Lonely Planet ha inserito la Vigezzina-Centovalli tra le 60 ferrovie più belle del mondo. Marco la racconta, seduto vicino alla grande finestra panoramica del vagone, accompagnato dal fischio del locomotore mentre sullo sfondo non sfugge la presenza imponente del Pizzo della Scheggia, che con i suoi 2.466 metri è la montagna più alta della valle. “Per le consegne faccio sette chilometri al giorno per le vie di ciottolato dei paesini ed è una bella palestra — aggiunge— anche perché d’inverno c’è la neve che rallenta tutto, mentre nelle altre stagioni bisogna fare i conti con gli animali: una volta me la sono vista brutta con una vipera”. A Domodossola, tappa di partenza del nostro viaggio e principale Ufficio Postale della provincia, ci accoglie Ivan, che ha iniziato come portalettere 23 anni fa e oggi è direttore: “È anche grazie a quel treno, che ha sempre viaggiato con metri di neve e ghiaccio, se la valle non è mai rimasta davvero isolata. L’unico stop c’è stato con l’alluvione del 1978, ma è durato poco”.
Malesco multietnica
In quaranta minuti arriviamo a Santa Maria Maggiore, località turistica nota per le seconde case di chi viene dalle grandi città lombarde. Quasi tutti frontalieri sono gli abitanti di Malesco, terza tappa del nostro viaggio, che si rivolgono a Poste Italiane per gestire i risparmi e la burocrazia amministrativa. Qui la direttrice Nadia ci spiega che l’ufficio locale è strategico per varie ragioni: “Abbiamo l’unico Postamat esterno della valle, con cui lavoriamo moltissimo; l’unico “sportello amico”, con cui accogliamo clienti dai paesi limitrofi per i servizi “seguimi” o i permessi di soggiorno; e anche gli unici ad avere Moneygram, che è di vitale importanza per le comunità di rumeni ed egiziani che abitano in paese”. Malesco, nonostante i suoi 1.400 abitanti, è l’Ufficio polo della valle, che ha in carico la gestione del personale e il servizio successioni. Il maestoso santuario di Re, che brilla al sole di ottobre, è il sipario del nostro viaggio. Domani si ricomincia: passeranno i bollettini, i pacchi, le lettere e, nel silenzio della valle, da qualche parte ci sarà qualcuno che alla vista del postino si sentirà meno solo.