Forse il mistero più grande è il tempo scrive un noto fisico contemporaneo che, in capo al suo prezioso libretto L’ordine del tempo, pone un passo delle Odi di Orazio: “Anche le parole che ora diciamo, il tempo nella sua rapina ha già portato via e nulla torna”. Scrutare il tempo aiuta a cambiare in meglio. Sul tempo sono rimaste celebri le riflessioni di Seneca, quasi contemporaneo di Orazio, che nelle Lettere a Lucilio sparge pensieri diventati patrimonio dell’umano filosofare. A differenza della fisica moderna che indaga sul tempo e il cosmo, Seneca parla del tempo “non come strutture elementari della realtà, ma come approssimazioni utili per quelle creature goffe e impacciate che siamo noi mortali” perché alla fine, osserva Carlo Rovelli, forse “il mistero del tempo riguarda ciò che siamo noi, più di quanto riguardi il cosmo”. E se non veniamo a capo della grande questione che ciascuno di noi rappresenta per se stesso, verremo mai a capo della comprensione del tempo? Sta qui, immutata, l’attualità dei pensieri sul tempo concentrati nella prima delle 124 Lettere a Lucilio dedicate ai più diversi aspetti dell’esistenza umana quali l’amicizia, l’amore, la felicità, la vita. Le raccomandazioni di Seneca a Lucilio sono sostanziosi indirizzi educativi in quattro paragrafi brevi, per una vita piena e significativa da un punto di vista dell’essere e dell’agire morale. “Comportati così, Lucilio mio: renditi padrone di te stesso e raccogli e fa tesoro del tempo che fino ad oggi ti è stato portato via o carpito con frode o è andato perduto. Convinciti che è proprio come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via brutalmente, altri sottratti subdolamente e altri ancora si disperdono. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per incuria. E se ci pensi bene, osserva: della nostra esistenza buona parte se ne va mentre operiamo malamente, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell’occuparci di cose che non ci riguardano. Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo e alla sua giornata, che capisca di morire ogni giorno? Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata. Dunque, Lucilio caro, fai quel che mi scrivi: metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l’altro la vita se ne va. Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l’unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire”. Forse noi, duemila anni dopo, siamo meno pessimisti e più realisti. Ma è una patina superficiale, infida, come la polvere. La vita non ci appartiene e neppure il tempo. Sono doni gratuiti. Non li abbiamo contrattati con nessuno. Li abbiamo ricevuti in custodia. Nostra è soltanto la risposta che liberamente decidiamo di dare al dono della vita e del tempo che ci è dato viverla. In definitiva siamo padroni solo della responsabilità di aprirci o chiuderci alla proposta di amore o alla comodità dell’egoismo. Opzione fondamentale di pari valore in una vita breve o lunga che sia. Dalle conseguenze diverse.
Lettere nella storia: le parole di Seneca, il tempo e noi
Le raccomandazioni del filosofo a Lucilio sono indirizzi educativi in quattro paragrafi brevi, per una vita piena e significativa da un punto di vista dell’essere e dell’agire morale