Un plauso a Poste Italiane per come ha continuato a servire gli italiani durante il lockdown e per la sua capacità di adattarsi ai cambiamenti. Nicola Porro, conduttore di “Quarta Repubblica” su Rete 4, e attento osservatore di ogni sfaccettatura della realtà politica, economica e sociale del nostro Paese, vede in Poste una Azienda capace di affrontare il periodo delicato che stiamo vivendo e nei suoi servizi una risposta per gli italiani. Nonostante le difficoltà che il Paese sta vivendo.
Nicola Porro, come è cambiato il rapporto delle persone con Poste Italiane?
“C’è stato un periodo in cui Poste, come azienda finanziaria, ha messo da parte il suo core business tradizionale, vale a dire quello di inviare le lettere. Ora, grazie alla consegna dei pacchi – per giunta incrementata durante il periodo del lockdown – l’idea è che Poste sia riuscita a mettersi su una scia molto contemporanea, intercettando il cambio di abitudini e di stili di vita degli italiani”.
Nella prima ondata e ora in questa seconda fase della pandemia che segnale è stato dato agli italiani?
“Ci si accorge di quanto sia essenziale un servizio soltanto quando questo viene a mancare o non funziona bene. Se i pacchi non arrivano, arrivano in ritardo o danneggiati ci lamentiamo, durante il lockdown Poste ha fatto la sua parte garantendo il servizio per tutti gli italiani”.
Cosa deve fare un’Azienda come Poste Italiane in questo momento così delicato dal punto di vista economico e di cambiamenti per l’organizzazione del lavoro?
“Il punto fondamentale è quello di riuscire a unire il lavoro tradizionale con la necessità di una clientela sempre più connessa. Nel nuovo mondo i cosiddetti servizi aggiuntivi sono importanti quasi come quelli tradizionali. Quindi, alla logistica occorre affiancare i servizi collaterali”.
La pandemia sta condizionando il modo di fare informazione?
“Già dai primi giorni del contagio l’informazione ha voluto drammatizzare la situazione e sta continuando a farlo. È un racconto molto poco freddo, di grande pancia, in cui l’informazione tradizionale è stata quasi “contagiata” dall’epidemia dei social. Un circolo vizioso in cui ognuno considera fake le opinioni diverse dalle sue”.
C’è una riscoperta dei media tradizionali?
“In questo periodo di pandemia, i media tradizionali non hanno fatto altro che inseguire il sentiment popolare, facendo da eco-chambers ai social network. Il mio programma ha una linea chiara e chi lo guarda sa che troverà poca drammatizzazione e molti fatti sul virus raccontati in modo rigoroso”.