Machiavelli, quel Niccolò autore raffinato del capolavoro conosciuto come Il Principe, ha scritto varie opere di carattere storico e filosofico. In un modo o nell’altro, rivelano i pensieri dominanti di Niccolò, più a suo agio a ragionare di politica, di governo e di affari piuttosto che di sentimenti e di amore. In paragone al suo contributo alla presa e gestione del potere, su tematiche feriali di vita quotidiana Machiavelli fu piuttosto prosaico. Ce lo svelano Dieci lettere private raccolte e pubblicate in un piccolo volume nel 1992 da Salerno Editrice. A proposito di sentimenti, più che di amore, egli è alle prese con la disillusione di una vita che la sorte – o la fortuna per dirla con questa signora bendata cui Machiavelli riconosce un ruolo a volte decisivo nell’esistenza umana – ha amareggiato con la caduta in disgrazia. Non solo un’esperienza breve di carcere, ma mesi e anni alla ricerca di ripristinare legami con i principi e i politici del suo tempo, per tornare nel giro importante degli affari e della politica fiorentina. Grigi quei giorni dopo anni di successo professionale a servizio di Firenze, per una persona come lui la cui vita – conclusa all’età di 58 anni – era modellata sui ritmi del servizio pubblico piuttosto che ristretta nel privato. Una misura compensativa alle sue delusioni civili la trovava la sera quando, ritirato nella sua camera, poteva dedicarsi allo studio dei classici e alla scrittura. Patine di nostalgia per i giorni migliori, segnati pure da avventure amorose soddisfacenti, si spalmano con volatilità di nubi nella corrispondenza con gli amici. Niccolò vi racconta squarci di vita cittadina o di borghi fiorentini con estrema precisione di linguaggio ma distacco esistenziale.
Un volto inedito
In Dieci lettere private, scritte tra il dicembre del 1509 e l’agosto del 1525 – gli anni dell’emarginazione politica – irrompono lati insospettabili del Machiavelli privato. Si può dire che alle sue vicende domestiche e alle esperienze amorose che lasciano intravedere quale cognizione avesse per l’amore, sono dedicate briciole seminate in questo epistolario indirizzato in prevalenza all’amico Francesco Vettori. Si conferma l’impressione che le Lettere da lui scritte contengono spunti e anticipazioni di pensieri politici sviluppati nelle opere maggiori, più che folgoranti espressioni d’amore. Tra i cenni di avventure erotiche sorprende la descrizione minuziosa e orrida di un occasionale rapporto al buio con una donna vecchia, fisicamente ripugnante che consolida l’assenza in Machiavelli di voli pindarici sull’amore. Narratore sempre inventivo e attento, in tema di amore non lascia memoria di sue frasi fulminanti al pari di quelle politiche. “Il fine giustifica i mezzi” ne è un esempio celeberrimo. Come anche: “Il Principe per raggiungere i suoi scopi deve essere crudele e senza scrupoli, deve essere un uomo saggio, razionale e benevolo, furbo come una volpe e forte come un leone”. “Dal momento che l’amore e la paura possono difficilmente coesistere, se dobbiamo scegliere fra uno dei due, è molto più sicuro essere temuti che amati”. Le Lettere testimoniano un uomo feriale come tanti, scosso. Però non rassegnato. Che vuole risorgere.