Paola Ferrari è uno dei volti storici delle trasmissioni sportive targate Rai. Nel tempo è diventata volto familiare delle domeniche (e non solo) degli italiani: nel 1995 ha condotto “Dribbling”, prima di passare alla guida de “La Domenica Sportiva”. Poi si è trasferita alla redazione del Tg2. Nel 2003 è stata la prima donna alla guida di “90° Minuto”, programma che fa parte della storia degli italiani e che Paola conduce tuttora. I suoi inizi sono stati invece a “Portobello”, la fortunata trasmissione di Enzo Tortora, che si può considerare colui che, per primo, scoprì il talento della Ferrari.
Paola, nel corso della tua carriera hai avuto maestri del calibro di Enzo Tortora e Giorgio Tosatti. Hai ricevuto il premio giornalistico Beppe Viola e sei stata la prima donna a vincere il premio Brera per giornalisti sportivi: cosa ti hanno insegnato questi grandi maestri?
“Ognuno è stato speciale per me. Amo ricordare anche Sandro Ciotti, Alfredo Pigna, Bruno Pizzul e Mario Sconcerti. Tortora, che mi considerava teneramente un po’ come una figlia, mi ha insegnato a tenere sempre la ‘schiena dritta’. Tosatti è stato per me un maestro, mi ha insegnato gli aspetti tecnici della professione. Ancor oggi ricordo l’ultima volta che ci siamo sentiti al telefono: eravamo certi di rivederci. Ma la malattia non glielo ha permesso. La sua scomparsa per me è stata un trauma”.
Incarni le caratteristiche che una vera giornalista dovrebbe avere. Non pensi che nel mondo del giornalismo di oggi si badi più all’apparire che all’essere?
“Certo l’immagine, soprattutto in tv, è importante. Ma se le donne puntano esclusivamente sul lato estetico, senza badare alla professionalità, torniamo indietro di cento anni”.
Cosa può fare una donna per affermare ogni giorno la propria professionalità in un mondo come quello del calcio, un po’ troppo maschilista?
“Alle mie giovani colleghe dico sempre: siate autorevoli. E poi bisogna sempre studiare, impegnarsi, aggiornare le proprie competenze. Non si finisce mai di imparare nel nostro mestiere”.
Qualche tempo fa hai dichiarato che tra le tue aspirazioni c’era quella di impegnarti in un programma non sportivo. A che punto siamo con questo progetto?
“Lo sport mi appassiona sempre. Ma quel progetto rimane attuale. Per il momento non ho trovato l’occasione che fa per me. Ma nel corso della mia carriera già mi sono occupata di sociale, di cronaca, di approfondimenti extra sportivi. Oggi, tuttavia, parlare di sport già significa parlare di valori che spesso esulano dal semplice contesto agonistico”.
Ricordi una lettera in particolare, che ti è capitato di spedire o di ricevere tramite Poste e a cui sei particolarmente affezionata?
“Il valore della lettera per me non ha eguali. Se devo dire qualcosa di affettuoso ai miei figli o a mio marito, ancora oggi lo faccio con una lettera. E poi sapete una cosa? Se devo ricevere una dichiarazione d’amore, preferisco che questa mi venga scritta in una lettera. Quelle arrivate via email, neppure le prendo in considerazione (ride, ndr)”.