C’è stato un momento in cui a Vittorio Panucci, punta centrale del Savona, stavano per spalancarsi le porte del grande calcio con il trasferimento a Bari. “Ma per lui il lavoro era troppo importante e decise di continuare a lavorare per le Poste”, racconta il figlio Christian che invece qualche anno più tardi, dopo aver esordito in Serie A con la maglia del Genoa a 19 anni, arrivò ai vertici del calcio europeo prima con Milan, Roma e poi con il Real Madrid. Anche grazie a papà Vittorio.
Come una favola
Oggi che Christian Panucci vive a Roma, dove ha costruito, in giallorosso, la seconda parte di una carriera vincente, dei tempi di Savona, di quando il papà faceva il postino, conserva ricordi molto nitidi: “Mio padre giocava a calcio e faceva il postino. Ho tanti ricordi delle sue divise blu e grigie, del suo cappello, che mi divertivo a indossare, e della Vespa con cui faceva le consegne. A volte mi capitava di accompagnarlo nel suo giro, imbucavo le lettere nelle cassette postali dei palazzi. Ogni tanto capitava che il lavoro di mio padre venisse interrotto dalle chiamate della scuola. Quando combinavo qualcosa lo chiamavano e lui si arrabbiava tantissimo con me, perché gli rallentavo il lavoro…”. Un tipo tosto Vittorio, papà di Patrick e Christian, nati dal matrimonio con Hana, detta Claudia, una donna di Praga conosciuta proprio grazie al lavoro da postino. O, meglio, dalla militanza in Poste Italiane. “Mio padre giocava nella nazionale dei Postelegrafonici e in una trasferta in Cecoslovacchia – racconta Christian ripercorrendo il proprio romanzo familiare – conobbe mia madre”. Siamo nel pieno dell’era comunista. L’unico modo che Hana ha per lasciare l’Europa dell’Est è sposare un cittadino dell’Ovest: “Mio padre tornò a Praga e si sposarono per trasferirsi in Italia. Sembra una favola, ma la mia famiglia è nata così”.
Una vita nel calcio
Ad accompagnare quella spedizione di Praga con la nazionale dei Postelegrafonici c’erano anche calciatori affermati, tra cui Oscar Damiani che poi diventerà, altro strano incrocio del destino, proprio il procuratore di Christian: “Mio padre ha fatto il postino per quasi 40 anni, fino a metà degli anni ’90, quando ho cominciato a fare il calciatore. Ancora oggi, quando torno a Savona, mi fermano e si ricordano di quell’uomo in divisa. Erano altri tempi, all’epoca il postino era considerato uno di famiglia”. Dopo la meritata pensione, Vittorio si è potuto dedicare a tempo pieno ad allenare i ragazzi del settore giovanile del Savona: “Mio padre – ci tiene a sottolineare Christian – insegnava calcio, la tattica gli interessava poco. Insegnava ai ragazzi a stare in gruppo, faceva rispettare le regole e l’educazione. Era molto esigente”.
Lettere dal Giappone
Il calcio è sempre stato presente a casa di Christian che, però, deve misurarsi anche con una parte di Dna “postale”: “Mio padre ha fatto il postino in un’epoca ancora dominata dalle lettere. Non c’era ancora stata la rivoluzione portata da Internet e dai cellulari. Da ragazzino mi scambiavo le lettere con una fidanzatina che avevo in Danimarca. Poi, quando ho cominciato a giocare, il tenore delle lettere è cambiato: al Milan mi arrivavano montagne di richieste di autografi dal Giappone…”.