Quando lo Stato chiama, Poste risponde. È stato così nei mesi del lockdown della scorsa primavera ed è così ora che il nostro Paese sta affrontando la seconda ondata. Non è certo una novità: è successo nel 2008 con gli 80 euro bimestrali della social card; per i provvedimenti successivi come il Sia (sostegno all’inclusione attiva), il Rei (reddito di inclusione) e il più recente Reddito di Cittadinanza. Per aiutare le persone ad affrontare le esigenze economiche durante la prima ondata dell’emergenza Covid-19, Poste Italiane – siglando un’apposita partnership con BNL Finance – ha anticipato il trattamento di cassa integrazione ordinaria e in deroga ai clienti BancoPosta e PostePay Evolution che ne hanno fatto richiesta. È passata attraverso Poste anche l’erogazione del bonus Inps per i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i collaboratori coordinati e continuativi, i lavoratori stagionali e quelli dello spettacolo. Il dialogo con le Regioni non è stato da meno: in milioni di case le mascherine sono arrivate con i portalettere. Diverse Regioni hanno accolto con favore la proposta di distribuire gratuitamente, attraverso il servizio postale, l’oggetto simbolo della battaglia contro il coronavirus. Lo stesso è avvenuto in tantissimi Comuni, anche di piccole dimensioni. Il rapporto con i primi cittadini è stato franco e diretto. E, dopo una prima fase “di studio”, si è venuta a creare una proficua collaborazione. L’azione congiunta portata avanti da Poste e il territorio si è tradotta in azioni di comunicazione mirate, sviluppate direttamente dai Comuni tramite le pagine social istituzionali o i siti web. Gli amministratori, spesso anche con parole incisive e con immensa creatività nell’utilizzo dei loghi di Poste, hanno comunicato ai cittadini le giornate di consegna e sensibilizzato gli stessi a un corretto utilizzo dei servizi postali.
Massima trasparenza
Il rapporto con le istituzioni locali e i sindaci è stato importante, Poste si è trovata a procedere a una serie di riduzioni dei servizi, che hanno portato disagi ai cittadini, ai quali è stata stravolta la vita quotidiana. Inizialmente, avere meno Uffici Postali aperti ha significato dover gestire il rischio di file e assembramenti. Così è stata fatta una scelta di massima trasparenza sia nel momento della chiusura, quando Poste ha comunicato che alcuni servizi venivano diminuiti, sia nella riapertura quando gradualmente si è riportata la rete a una dimensione di quasi normalità. Nei momenti più critici si arrivava a circa il 50 per cento dell’operatività. Dal 18 marzo in poi la fase più ardua, con la razionalizzazione, partita tra l’11 e il 13 marzo, di un terzo della rete. Successivamente, in coincidenza con i DPCM sempre più restrittivi, anche gli orari erano stati ridotti. Contemporaneamente, bisognava gestire le richieste del territorio.
L’impegno per i Piccoli Comuni
Si è rivelata molto utile tutta l’operazione di installazione degli ATM fatta negli ultimi due anni nei Piccoli Comuni. Dove gli ATM ci sono il disagio è stato meno avvertito. In generale, il lavoro strutturale sui Piccoli Comuni avviato due anni fa si è dimostrato prezioso. Anche per via delle mailing list delle amministrazioni locali, molto utili per gli invii massivi: erano canali reali senza il rischio di finire in caselle di posta troppo piene o non controllate perché i dipendenti comunali stavano avviando lo smart working. Quando sono stati organizzati gli invii ai Piccoli Comuni l’Azienda ha potuto contare sui canali di comunicazione istituiti con loro dal 2018, e ha invece aperto un canale con i Comuni maggiori, coinvolgendo le Prefetture, che in questa vicenda hanno svolto un ruolo rilevante nel coordinamento delle attività. Nei piccoli centri Poste può contare anche sulla preziosa collaborazione dell’Uncem, l’Unione nazionale comuni comunità enti montani. Nell’emergenza, l’Uncem funziona da filtro verso le comunità, spiega agli amministratori comunali che non si possono avere tutti gli uffici aperti, perché anche tra il personale di Poste ci sono dipendenti in quarantena o colpiti dal virus. E spiega che Poste si è dovuta dare un’organizzazione di lavoro, turni, aperture, anche per permettere le sanificazioni e l’installazione dei plexiglass.
Un canale sempre aperto
Le richieste sono arrivate da più canali. Le segnalazioni raccolte su Pec aziendali, caselle di posta – o arrivate tramite input diretti ai referenti territoriali – vengono organizzate nella reportistica quotidiana destinata al Comitato centrale con l’indicazione delle situazioni più critiche. Era stato organizzato una sorta di semaforo rosso per le realtà più difficili, giallo per gli interventi da completare, verde per dove Poste era riuscita a risolvere. La “ossessione” del Comitato di Crisi era gestire il maggior numero di “proteste” istituzionali spiegando di cosa si trattava, facendo capire che Poste era la realtà più impattata dal Covid e che i colleghi che dovevano continuare erano in prima linea, così come le altre professioni che si sono sacrificate. Le due direttive sono la massima trasparenza e la richiesta di collaborazione con le istituzioni locali. Dall’altro lato, i servizi commerciali continuano a essere garantiti senza inseguire logiche di profitto.
I ringraziamenti
Così, dopo la fase di assestamento iniziale, molti Comuni hanno pubblicizzato gli orari di apertura. E aiutato Poste a fare il proprio dovere. C’è chi ha installato bagni chimici vicino agli Uffici Postali e chi ha portato le sedie per la fila, fino a chi ha distribuito gel e mascherine. È emersa la straordinarietà dell’Italia che si dà una mano nelle difficoltà. Tra i sindaci che facevano girare le automobili con l’altoparlante con i messaggi per la popolazione, non sono stati pochi ad aver inserito nel messaggio anche gli orari degli Uffici Postali. La scelta di trasparenza ha portato a moltiplicare la comunicazione anche da parte dei Comuni, che riprendevano le indicazioni di Poste. Alla fine, il riconoscimento della bontà delle iniziative è unanime: sono arrivati tanti messaggi, tante telefonate. Nel momento più critico, il sindaco di Grosseto, Antonfrancesco Vivarelli Colonna, ha inviato un “vocale” che il dottor Lasco ha fatto ascoltare a tutti durante una riunione del Comitato di crisi. L’Italia ha vissuto una Pasqua lontana dagli affetti: tanti sindaci, nei loro videomessaggi di auguri alla cittadinanza, hanno citato il personale di Poste tra chi si sta impegnando nella guerra al Covid. Non si fanno distinzioni tra grandi e piccoli centri. Al Condirettore Generale di Poste, Giuseppe Lasco, arriva da Palermo il “personale apprezzamento per l’ingente sforzo organizzativo messo in atto a beneficio della comunità” di Leoluca Orlando così come quello di un “piccolo sindaco”, come si definisce Roberto Marchetti, primo cittadino di Trequanda, comune di 1.200 abitanti in provincia di Siena. Esulta per la decisione di tenere aperto l’Ufficio Postale: “Avete fatto un atto di coraggio e di intelligente strategia – scrive – fungendo indirettamente da ‘medicina’ a questo infido male”.
Avanti insieme
Il quartier generale di Poste sa che bisogna essere sempre aggiornati sulla situazione di ogni singolo Comune, anche grazie al rapporto con i colleghi del territorio. Quando i sindaci capiscono di essere ascoltati – e che qualcuno si sta occupando dei loro problemi – la relazione decolla. Servono risposte certe, precise, sincere. Spesso Poste è vista come un elefante che non si preoccupa delle mosche che ha intorno; quando fa un passo indietro e se ne accorge allora il rapporto inizia a girare in positivo. L’emergenza ha insegnato all’Azienda alcune cose che dovranno migliorare il modo di rapportarsi: è un percorso che era stato già iniziato e quindi si è raccolto il lavoro fatto. Questo rapporto positivo ha rischiato di incrinarsi in questa fase, ma Poste ha spiegato che non era scomparsa e che un passo indietro in sicurezza avrebbe portato a fare insieme ai cittadini due passi avanti.