“Arte perduta” quella di scrivere Lettere. Ma la più rispondente a rivelare emozioni anche con perfetti sconosciuti. Si apre con questa apparente contraddizione un volume, fresco di stampa e affascinante, nel quale un astrofisico e divulgatore scientifico di fama mondiale raccoglie la corrispondenza di un ventennio con i più disparati lettori dei suoi libri o ascoltatori delle sue rubriche televisive. Lettere “a” un astrofisico, ma anche “da” un astrofisico. Il tutto sotto il titolo edito di recente da Mondadori “Lettere a un astrofisico”. Riflessioni sulla vita, sulla scienza e sul cosmo di Neil deGrasse Tyson. È proprio la Lettera come genere letterario il collante speciale dell’attrazione per la scienza e il suo mondo rigoroso dove anche gli Ufo vengono smitizzati.
Quattro categorie di avvistamenti
Tyson nelle risposte a privati e a istituzioni semina principi e convinzioni che aiutano a sciogliere nodi di fenomeni nel cielo e sulla terra che lasciano interdetti curiosi e gente comune. Ricordate gli UFO? Restano tuttora un mistero nonostante l’attrattiva quasi morbosa esplosa fin dal secondo dopoguerra. Tyson evita la teoria della credulità a scatola chiusa su questi esseri non identificati. Raggruppa gli avvistamenti di presunti alieni in quattro categorie: “L’osservatore è pazzo e soffre di qualche genere di allucinazioni; l’osservatore vede e riferisce in modo impreciso, inficiando un resoconto che sarebbe una semplice descrizione di fenomeni naturali; l’osservatore vede e riferisce correttamente, ma ha un’insufficiente familiarità con i fenomeni naturali e viene tratto in inganno da ciò che vede; l’osservatore vede e riferisce correttamente qualcosa che sfugge a qualsiasi spiegazione normale o tradizionale: ciò costituisce un mistero genuino”. Lo scienziato afferma che “la testimonianza oculare è di gran lunga la forma più debole di prova che si possa portare a sostegno di un’affermazione”. Potrà valere in sede giudiziaria, ma “di fronte al tribunale della scienza la testimonianza oculare è sostanzialmente inutile”. Se l’osservatore è umano “la fallibilità dell’osservazione è evidente”. Nessuna delle osservazioni condotte sinora serve a dimostrare che gli oggetti volanti e misteriosi “risultano davvero alieni intelligenti”.
Il bisogno di comprendere
Servono prove molto più solide, capaci di sopravvivere all’esame del tribunale della scienza, del tipo “alieni in visita alle sedi dei media, ad esempio, che dessero dimostrazioni della loro tecnologia in diretta tv; che andassero dal presidente e da sua moglie per un pranzo di Stato o un tè pomeridiano nel Rose Garden; che si sottoponessero a una TAC al Johns Hopkins Medical Center, in modo che potessimo farci un’idea della loro fisiologia; o che dessero da esaminare qualcuno dei loro dispositivi di comunicazione o qualche altro apparecchio ai nostri più qualificati laboratori di ricerca. Il giorno in cui saranno disponibili prove reali non ci sarà più bisogno di audizioni al Congresso in cui sfilino testimoni oculari di alto profilo”. Finché ciò non accadrà “gli UFO di tipo 4 saranno semplicemente interessanti luci e sagome non identificate nel cielo – magari meritevoli di ulteriori studi come qualunque mistero nell’ambito della scienza -, ma senza teorici del complotto che invochino occultamenti per colmare tutte le lacune dei dati”. Tyson suggerisce un metodo per fare ricerche sulla scienza: leggere, leggere, leggere; pensare, pensare, pensare. E definisce “Lettere da un astrofisico” una fotografia “dell’insieme di conoscenze che ho cercato di insegnare, di chiarire e mettere in comune con menti curiose”. Vi si avverte “un’aspirazione che tutti abbiamo provato prima o poi: la ricerca di senso della nostra vita; un bisogno inesausto di comprendere quale sia il nostro posto in questo mondo e in questo universo”.