Una carriera da “music maker” unica in Italia: compositore, produttore, musicista, cantautore, arrangiatore, talent-scout. Mario Lavezzi, l’eterno ragazzo della musica nostrana, ha festeggiato 50 anni di musica d’autore. Una ricchissima carriera costellata di hit e numerose collaborazioni con i più grandi artisti italiani: da Loredana Bertè, alle canzoni di successo scritte per Anna Oxa, Fiorella Mannoia, Lucio Dalla, Gianni Morandi e Alexia, tra i tanti. Il traguardo è stato celebrato con un cofanetto dal titolo emblematico “E la vita bussò”, uscito per Nar International/Artist First. Pubblicati, in un originale box rigido contenente tre CD e un Vinile da 7” a 45 giri, 58 successi in versione originale e un inedito, firmato con Franco Califano (“Canti di sirene”).
Nel suo libro, scritto con il giornalista Luca Pollini “E la vita bussò – Mario Lavezzi racconta cinquant’anni di musica”, ha voluto raccontare le tappe della sua straordinaria carriera. Qual è il momento più significativo?
“Estrapolo due momenti: quando ho scritto la canzone ‘Il Primo Giorno di Primavera’ e l’incontro con Loredana Bertè. Quella canzone, che poi diventerà famosissima, la scrissi in un momento di disperazione: dovevo lasciare per sempre i Camaleonti per svolgere il servizio militare. Ma è proprio dai momenti di tormento che la creatività, spesso, viene stimolata. Con Loredana, invece, è iniziata la mia carriera di produttore. Con lei ho anche vissuto un’intensa relazione sentimentale”.
Lei è presidente del consiglio di sorveglianza della SIAE. In questi mesi di pandemia avete sostenuto gli autori, gli artisti, stando dalla parte di chi crea. Come vi state muovendo?
“Con l’emergenza, il mercato musicale si sta spostando sul digitale. Noi, come SIAE, vogliamo andare in quella direzione, organizzandola secondo le nuove esigenze. L’impegno che mettiamo non è per noi, ma per le nuove generazioni di musicisti e autori”.
In questa situazione di emergenza, la musica fa da supporto morale oltre che da compagnia. È d’accordo?
“Senza dubbio è così. Ognuno a casa propria, inizia la giornata accendendo la radio e ascoltando musica. Ci stiamo riappropriando di questa nobile arte, che è sempre più parte integrante del nostro vivere quotidiano”.
Sta per ripartire il contest Campusband, curato da lei e Mogol, per gli studenti che amano la musica.
“Si tratta di un concorso nazionale rivolto a tutti gli studenti: cantautori, interpreti e gruppi musicali che si sono formati nelle scuole e nelle Università italiane. L’idea di Campusband nasce dal fatto che io stesso, a 15 anni, ho iniziato a suonare in un gruppo di studenti. Il mio primo gruppo si chiamava I Trappers. C’era anche Teo Teocoli. Durante le feste di Natale o alla fine dell’anno scolastico, le scuole organizzavano festival studenteschi e per Campusband mi sono ispirato a quei festival. Ora noi scopriamo talenti che stanno ancora studiando. Il nostro compito è quello di offrire loro una possibilità. Al vincitore del concorso viene data la possibilità di pubblicare la sua canzone, che viene poi caricata sul sito, con tante forme di pubblicità e passaggi nelle radio. Il tutto, ovviamente, in modo assolutamente gratuito”.
Mario, anche lo scrivere lettere rappresenta una forma di comunicazione, proprio come la musica. Qual è il suo rapporto con la corrispondenza?
“Sono un cliente di Poste Italiane, soprattutto per ciò che riguarda i servizi digitali. Ma mi reco spesso anche all’Ufficio Postale per spedire pacchi o raccomandate: lo trovo un gesto molto autentico. Mi piace mantenere questa tradizione”.
Esiste una sua canzone dove si parla di lettere, cartoline, spedite o ricevute?
“Che peccato che sia un ricordo di più, cartolina.. (canta, ndr). Certo. La canzone si chiama Cartolina. Invito tutti ad ascoltarla. Ci sono molto affezionato”.