Sebastiano Barisoni, vicedirettore esecutivo di Radio 24, conduce ogni giorno Focus Economia, in cui analizza la giornata economica e finanziaria. È autore del libro “Terra incognita”, dedicato a quello che succederà nel post-pandemia.
Sebastiano Barisoni, assumendo che la campagna vaccinale ottenga i risultati auspicati, che cosa dobbiamo aspettarci dal 2021?
“Le revisioni sulla crescita economica di Banca d’Italia parlano di un Pil al +3,5%. Credo che se la campagna vaccinale andrà avanti in questo modo e se, quindi, arriveremo a marzo-aprile in una condizione di milioni di vaccinati, si possa essere più ottimisti. Nel 2020, abbiamo visto come, nel terzo trimestre, quando la curva del contagio è scesa, ci sia stato un forte recupero su consumi e spese e credo che questo dato possa ripetersi con più forza grazie alla campagna vaccinale”.
Il mondo, complice la limitazione degli spostamenti e il moltiplicarsi di incontri virtuali, si è ristretto: siamo di fronte a una rivoluzione?
“La rivoluzione, come sostengo nel mio libro, è solo quella del web ed era già in atto da tempo. Bisogna sempre distinguere tra crisi e rivoluzione: le rivoluzioni hanno cambiamenti strutturali, le crisi no. I cambiamenti dipendono da diverse variabili e il tempo è una di quelle più rilevanti. Se entro fine anno potremo archiviare la maggior parte delle misure di contenimento collegate alla pandemia, non resterà così tanto di questa emergenza. Sicuramente, qualcosa di strutturale resterà nei comportamenti dei consumatori, nell’utilizzo delle piattaforme online e di alcune forme di smart working. Mentre nel 2008, così come nel 1929, la crisi era stata generata dall’economia, oggi ci troviamo di fronte a una pandemia che ha bloccato l’attività economica. Non essendoci un problema interno al motore dell’economia, questo motore è pronto a ripartire”.
Un grande motore del cambiamento è rappresentato dal digitale. L’accelerazione che c’è stata nell’ultimo anno rischia di aumentare il divario tra la parte della popolazione che riesce a stare al passo con la tecnologia e quella che invece non è preparata?
“Prendiamo l’esempio della didattica a distanza: è vero che c’è il rischio di aumentare il divario ma questo non può essere una motivazione per rallentare un processo già in atto. In questo momento storico è più importante avere il wifi in casa che non investire su altre spese. Servirebbe una politica molto forte sul 4.0 per aiutare le famiglie che non hanno i mezzi per dotarsene”.
Per quanto riguarda questa trasformazione digitale, un’Azienda di sistema come Poste ha una responsabilità nel far crescere i propri clienti e, di conseguenza, la popolazione?
“Poste ha un ruolo fondamentale per la presenza sul territorio. Oggi, il nostro Paese potrebbe fare di più sulla digitalizzazione dei processi e delle notifiche giudiziarie. Ma è già un passo avanti che non si abbia più timore a fare gli acquisti online e che ci sia stato un incremento delle competenze digitali”.
Altri due temi chiave in tempi di pandemia riguardano la tutela del risparmio e il bisogno di protezione. Le Poste sono tradizionalmente considerate un porto sicuro: come si ripaga questa “antica” fiducia degli italiani nello scenario stravolto dalla pandemia?
“Si ripaga con la prudenza. Ci troviamo oggi in un’Italia divisa in due: quelli che hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, perché magari operavano in settori bloccati dalla pandemia, e gli italiani che, un po’ perché stando a casa non ne hanno avuto la possibilità, un po’ per incertezza, hanno aumentato di 52 miliardi il risparmio sui conti correnti”.
Davvero, come si sente dire spesso, ne usciremo migliori?
“Le rivoluzioni hanno tre caratteristiche: sono irreversibili, indistinte, perché colpiscono tutti, e imprevedibili. Non penso che il Covid sia la rivoluzione, credo solo che le crisi fungano da acceleratori di una rivoluzione che era già in corso, cioè quella legata al web. Ne usciremo diversi, non necessariamente peggiori”.