“Nella fine è l’inizio. In che mondo vivremo” è il libro scritto da Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, sociologo ed economista, nonché editorialista del Corriere della Sera e di Avvenire. La crisi pandemica è, secondo il libro, una lente per leggere il nostro tempo, un telescopio per guardare più lontano. Non solo una sventura che interrompe una corsa da rimettere il prima possibile sui binari, ma una frattura che è anche una rivelazione, di limiti e insieme di possibilità. La sfida è trasformare le tensioni che definivano il mondo pre-Covid in leve di cambiamento. In modo che la fine di un mondo diventi un nuovo principio.
Professor Magatti, nel libro osserva come la pandemia abbia costruito un ponte verso un’altra riva.
“È molto importante chiarire che non possiamo immaginare di tornare a come eravamo prima. La pandemia, come del tutto evidente, è un fenomeno lungo che ci porteremo dietro negli anni e che sta scavando a fondo non solo nell’economia ma anche nella sensibilità di ciascuno di noi, anche perché si tratta della terza crisi in meno di 20 anni, dopo l’11 settembre del 2001 e la crisi economica del 2008”.
Cosa dobbiamo immaginare?
“Non si deve immaginare di ripartire. Si tratta invece di provare a rispondere a quanto sta accadendo con una resilienza trasformativa. Le imprese più avanzate, come ormai è evidente, stanno comprendendo quanto è evidente da tempo. Non esiste più un contesto in cui è possibile dividere gli aspetti economici, sociali, culturali e umani. Dobbiamo guardare avanti ricostruendo una relazione di valore condiviso. L’ambiente, la formazione delle persone e il lavoro sono aspetti collegati. Anche un soggetto come Poste Italiane, con la sua struttura e la sua tradizione, non può che muoversi secondo questa prospettiva”.
Nel caso di Poste possiamo parlare di una unità di intenti con i clienti?
“In questi mesi è stata del tutto evidente la fatica di rispondere in maniera efficace all’emergenza pandemica. I cittadini non sono solo consumatori, sono anche contributori e soprattutto persone. È quindi fondamentale che tra un’impresa e i propri clienti ci sia un elemento di formazione e di scambio. L’impresa a valore condiviso non estrae valore, lo crea”.
In quest’ottica, come cambia il concetto di sostenibilità?
“Sostenibilità non vuol dire solo durare nel tempo ma significa fondamentalmente riconoscere che non c’è nulla che esiste a prescindere. L’ambiente, la formazione delle persone, il lavoro sono aspetti collegati tra loro. Sostenibilità significa riconoscere questa dimensione relazionale che abbiamo dimenticato nel ciclo capitalistico”.