È stato emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico un francobollo ordinario, appartenente alla serie tematica “il Senso civico” dedicato a Settimia Spizzichino, nel centenario della nascita, relativo al valore della tariffa B pari a 1,10€ (Tiratura: trecentomila esemplari, foglio da quarantacinque esemplari). Il bozzetto è a cura di Silvia Isola mentre la vignetta raffigura, sullo sfondo di un filo spinato e dell’ingresso del Museo Nazionale di Auschwitz – Birkenau, un ritratto di Settimia Spizzichino, unica donna sopravvissuta alla deportazione del Ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, affiancato alla sua frase “SONO TORNATA PER RACCONTARE”. Completano il francobollo la leggenda “SETTIMIA SPIZZICHINO 1921 – 2000” la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
La vita di Settimia Spizzichino
Settimia Spizzichino – si legge nel testo del bollettino illustrativo del francobollo a firma di Noemi Di Segni, Presidente UCEI e di Carla Di Veroli, nipote della stessa Settimia – è nata a Roma il 15 aprile 1921 ed è stata l’unica donna, su 1024 ebrei rastrellati, ad essere sopravvissuta alla deportazione del Ghetto di Roma avvenuta il 16 ottobre 1943. La sua famiglia era composta dai genitori Mosè Mario Spizzichino e Grazia Di Segni, il fratello Pacifico e le sorelle Gentile, Ada, Enrica e Giuditta. Il padre era commerciante di libri, mentre la madre insegnava presso la scuola ebraica. Dopo la deportazione ad ottobre seguirono sei lunghi giorni di viaggio in treno, in una situazione di disperazione generale. Arrivò il 23 ottobre nel campo di Auschwitz-Birkenau e insieme alla sorella Giuditta passò la selezione e finì nella fila degli abili al lavoro mentre la madre e la sorella Ada con la piccola Rosanna di 18 mesi in quella destinata alle camere a gas. A Settimia venne tatuato il numero 66210: iniziò il suo calvario all’interno di una baracca con 47 donne che, come lei, passarono la prima selezione. Settimia fu l’unica a tornare e a queste compagne di prigionia ha dedicato il suo libro di memorie “Gli anni rubati”, scritto a quattro mani con Isa Di Nepi Olper. Ad Auschwitz-Birkenau le venne assegnato il lavoro di spostare pietre; finì all’ “ospedale” del campo e da qui venne portata al campo principale di Auschwitz, precisamente nel famigerato Block 10, dove fu impiegata da Eduard Wirths come cavia umana per esperimenti sul tifo e la scabbia. In un passaggio del suo libro racconta del momento in cui si era guardata allo specchio e non si era riconosciuta, deturpata dagli esperimenti subiti. Privata della sua femminilità, della sua forza e della sua dignità, nell’inverno del 1945 affrontò la “marcia della morte” da Auschwitz fino al lager di Bergen-Belsen. Qui i prigionieri venivano ammassati in uno stato di completo abbandono e i morti formavano dei mucchi intorno alle baracche. Un giorno, il soldato di guardia sulla torretta, impazzito, cominciò a sparare sui prigionieri: Settimia si nascose sotto un mucchio di cadaveri e lì rimase per diversi giorni, fino alla liberazione del campo da parte degli inglesi il 15 aprile 1945. Il giorno esatto del suo compleanno: proprio per questo lei affermava di essere nata due volte.
Il ritorno a Roma
Tornata a Roma sentì il dovere di raccontare: “Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz… Per questo, credo, sono tornata: per raccontare”. Nel corso degli anni divenne una tra le preminenti testimoni e memorie storiche della Shoah: raccontò la sua esperienza di fronte alle telecamere, andando nelle scuole per parlare con i giovani e infine nei viaggi ad Auschwitz dove si recò fino al 1999. Il 10 dicembre 1998, l’allora sindaco di Cava de’ Tirreni, Raffaele Fiorillo, le conferì la cittadinanza onoraria e nel maggio del 2000 per l’ultima volta, accompagnò ad Auschwitz alcuni studenti cavesi nel corso del progetto Il coraggio di ricordare. La sua storia è anche diventata un documentario dal titolo “Nata 2 volte: storia di Settimia ebrea romana”, tratto da un’intervista concessa nel 1998 all’archivio della “Survivors of the Shoah Visual History Foundation” e la regia di Giandomenico Curi.
L’importanza della memoria
La sua testimonianza è inoltre contenuta nel documentario “Memoria” di Ruggero Gabbai. In sua memoria, a Roma, sono intitolati a suo nome una via, un Istituto Comprensivo Statale (Poggiali-Spizzichino) e il cavalcaferrovia che collega Ostiense alla Garbatella. A Carrara, nel 2008, le è stato dedicato il Parco della Memoria Settimia Spizzichino. A Cava de’ Tirreni, di cui era cittadina onoraria, le hanno intitolato una strada nel 2011. Settimia è tornata ad Auschwitz molte volte, specialmente per accompagnare ragazzi, giovani e le loro famiglie e per raccontare la sua storia e quella dei suoi compagni di prigionia. Soleva dire: “Il mio tempo mi appartiene, specialmente ora che sono in pensione. Non mi sono mai sposata, probabilmente perché la libertà per me era un bene troppo prezioso dopo aver subito una repressione tanto brutale; o forse perché volevo potermi muovere, viaggiare, raccontare, soprattutto raccontare”. Molte delle compagne di prigionia che sono tornate assieme a lei si sono sempre rifiutate di ricordare e raccontare. A Settimia non sembra giusto: “Se noi, superstiti, non perpetuiamo e diffondiamo la memoria di quello che è successo, a che scopo siamo rimaste vive? E che accadrà quando noi non ci saremo più? Si perderà il ricordo di quell’infamia? Ancora oggi succedono cose terribili: le guerre, i massacri, la pulizia etnica …. ognuna di queste cose mi fa rivivere la mia tragedia personale, mi riporta alla mente quello che ho passato. Anche per questo, per evitare che cose simili accadano ancora, io continuo a ricordare e a raccontare; per questo e per la memoria di quelli che non sono tornati”. “Settimia ci ha lasciati il 3 luglio del 2000 per un infarto” conclude il testo illustrativo.