Vaccini call center Poste

“La prego, mi aiuti. Io e mio marito siamo in quarantena. Mia madre è una ultraottantenne fragile, ha bisogno di essere protetta, e noi, chiusi in casa, non riusciamo a prenotare per lei”. Il grido di dolore dell’Italia più profonda, che in questi giorni è alla disperata ricerca del vaccino. Questo grido può arrivarti anche così, dalla Sicilia, se lavori con coscienza, in un call center di Roma. Samantha Volpe ha 30 anni, una laurea al Dams, il diploma all’Istituto Pasolini, un secondo corso di laurea a cui si è appena iscritta in Scienze Ambientali: è una delle oltre 200 voci che lavorano nel servizio organizzato da Poste per assistere le regioni che si sono affidate alla sua piattaforma. Le chiamate sono migliaia, ogni giorno, e la sensazione di chi risponde è molto diversa da quella di tutti gli altri lavori di questo tipo: “Sarà il momento che stiamo vivendo tutti, sarà che l’umanità di queste persone è calda, particolarissima e avvolgente. Sarà il dramma del Covid, che incombe su tutti noi. Ma io – spiega un altro operatore della sede di Roma Mario Giovannetti – ho ancora i brividi. Pochi giorni fa ha chiamato un signore, dalla voce molto tranquilla. Per prassi gli ho chiesto: “Lei ha più di ottant’anni?”. Ho sentito sorridere, dall’altra parte dell’apparecchio. Poi una pausa: “Guardi, io ci rientro di sicuro, perché di anni ne ho 105. Ci tengo a vaccinarmi perché vorrei arrivare a 110. Sbaglio?”. Mi è venuto un brivido. Per ora – scherza Mario – ho fissato il record del più longevo che si è rivolto al nostro call center”.

La velocità dell’Azienda
Partendo dalla Sicilia Poste (anche con il contributo prezioso di alcune aziende esterne) ha allestito a tempi di record un servizio di assistenza che prima non c’era. Annamaria Iannelli lavora in Azienda dal 1984, si sente una veterana, ma di saltare su un treno in corsa così non le era ancora capitato. Sorride soddisfatta, quando racconta come ha preso corpo il progetto di cui oggi è supervisor: “Anche in questo caso ho visto, vedo, e continuo a verificare con molta soddisfazione che gli italiani si fidano di noi. Senza questo ingrediente non avremmo potuto fare ciò che abbiamo fatto in così breve tempo”. Annamaria è umbra di residenza, campana di origini: spiega che anche questa sua esperienza di vita la aiuta ad orientarsi nel dedalo delle mille normative, nelle diversità del territorio. “Sono entrata in squadra a fine febbraio. Supervisiono i contact center, parlo con i team leader. È una enorme mole di dati che affrontiamo ogni giorno. Dalle regioni che hanno aderito – spiega – i cittadini telefonano e si rivolgono direttamente a noi. Parliamo di diverse migliaia di telefonate al giorno”. Anche Romina Caronna in questo progetto lavora da supervisor per conto di Poste: “Sono in Azienda dal 2012. Da anni lavoro nella galassia del call center. Sono di Palermo. Ho capito subito che è un progetto a grande impatto sociale. Lo abbiamo avvertito dal primo giorno, e questo lo rende per certi versi più difficile, ma per molti ancora più interessante. Occuparmene in prima linea mi rende orgogliosa, devo dirlo”. Aggiunge Romina: “Lavoriamo con i nostri abituali partner esterni già specializzati che ci hanno permesso di tagliare i tempi di formazione degli operatori. Ma sono dei call center che già lavorano e continuano a lavorare con Poste. In questa impresa stiamo operando come un’unica squadra. C’è un sentimento comune molto forte”. E gli utenti? “Molti di loro sono anziani, hanno bisogno di sentire un supporto. Per non parlare delle categorie fragili. Stiamo cercando di avere un ruolo strategico, in questo processo, sia dal punto di vista logistico che informatico. La cosa che mi colpisce – osserva Romina – è la rapidità con cui siamo riusciti a far partire una macchina così complessa. Una struttura agile, flessibile, ma anche molto solida. Siamo stupiti di quanta richiesta di servizio abbiamo riscontrato”.

“Amore, ti ho prenotato!”
Dunque, oltre al supporto tecnico, il primo bisogno è un sostegno psicologico. E così ritorno alla testimonianza di Samantha. “È una esperienza molto intensa per noi. Mi sono immersa nella difficoltà e nel dolore di queste persone. Molti sono già stati colpiti dal Covid. Sono sconfortati. Tre settimane fa una signora stava cercando di prenotare per la mamma over 80. Quando l’ho prenotato la signora era incredula: ed è scoppiata a piangere”. A volte la comunicazione non cade subito, perché gli utenti presi dall’emozione si sì dimenticano di attaccare. E allora Samantha ha – anche se per pochi secondi – la sensazione di essere lì, nelle loro case. Bastano poche parole: “Gridano: “Amore ti ho prenotato! Ti ho prenotato!”. E io – aggiunge Samantha – in questi casi mi sento molto utile. Avverto in molte di queste persone il bisogno di aggrapparsi ad un’ancora. È un lavoro che si può fare solo ricorrendo al fattore umano”. E all’emozione spesso si accompagna un enorme senso civico. Soprattutto nel dramma: “Un giorno mi hanno chiamato per annullare la prenotazione: “Devo disdire perché mia madre è morta. Voglio che il suo posto sia destinato a qualcuno altro””.

Piccoli successi
Certo, non sempre è facile. Anche quando gli ostacoli non sembrerebbero insormontabili: “Tante persone anziane hanno difficoltà con i messaggi: non riescono a leggerli e si scoraggiano. Oppure, peggio ancora, si vergognano di dirtelo. In quei casi, io glielo detto tutto al telefono: “Davvero può farlo per me? Che Dio la benedica””. Le soddisfazioni possono essere grandi anche per piccoli successi: come, ad esempio, anticipare l’appuntamento per un signore che doveva fare una visita importante per un’altra patologia: “C’era rimasto un solo posto libero e lo abbiamo preso”. Così gli operatori seguono i flussi e imparano a conoscerli. Qualche volta si alleggerisce la tensione: ““Io sono immunosoppressa”, ha detto una signora, scoppiando lei stessa a ridere. E il bello arriva quando si devono sillabare i codici fiscali: “J, I lunga di Juventus… X come pareggio…”. Un giorno a Samantha non veniva un esempio con la V doppia e un signore le ha detto: “W come Windows! L’autorizzo ad utilizzarlo anche con gli altri””. Di nuovo la parola a Mario, che classifica tutti: “Ad esempio “gli arrabbiati”, quelli che non riescono a fare la prenotazione, magari perché hanno i documenti scaduti da tempo e soffrono. Poi ci sono i rinfrancati: “‘Meno male che voi rispondete”. E c’è tanta soddisfazione: “La cosa bella di questo lavoro – aggiunge – è che non è il call center che deve risolvere il problema di un contratto o di una garanzia su di un elettrodomestico. Tantissimi ci ringraziano come se fossimo degli eroi: “State svolgendo una missione umanitaria”. Un giorno mi sono reso conto che non è mai accaduto nulla di simile nella storia”.

Un’ondata di gratitudine
Tra i 250 ragazzi del call center c’è tantissima collaborazione: si parla di normative nazionali, di eccezioni, di risposte ricorrenti. Samantha non sa più cosa rispondere a quelli che vogliono lasciarle il numero di cellulare, che lei non può prendere per regolamento. Una signora ha insistito dicendole: “Allora memorizzi l’indirizzo del nostro B&B. Mi prometta che quando questo incubo sarà finito, verrà: lei sarà la nostra ospite”. Ovviamente, Samantha ha declinato con un sorriso e un ringraziamento. Perché questo è un lavoro di cuore, di testa, di memoria, di passione. A volte ti senti parafulmine, a volte àncora. Ma è bello sapere che ogni giorno, a quel telefono, chi chiama avrà una risposta.