Come ai vecchi tempi, quando in campo era lui il leader della squadra. Roberto Mancini, a distanza di anni, torna fuoriclasse, ancora una volta dalla panchina ma stavolta non in un club. Sì, perché il commissario tecnico è il vero simbolo della Nazionale azzurra, che si appresta a disputare da protagonista il Campionato Europeo.
Un leader in panchina
Ne è convinto anche il decano dei giornalisti sportivi, Mario Sconcerti che, dalle colonne del Corriere della Sera, afferma come sia la prima volta che il “giocatore” simbolo della Nazionale per Euro 2020 si identifichi con il suo allenatore: “Questa che sta partendo è, per definizione, la Nazionale di Mancini – scrive Sconcerti – perché ha costruito una squadra e qualcosa di più, ha costruito un’invenzione, una speranza, quella sensazione di vaga immortalità che fa capire di essere unici. Questo non basta per vincere, ma serve a capire un lavoro diverso”.
I classici moduli italiani
Sconcerti spiega poi come il ruolo del commissario tecnico sia stato un lavoro mai cambiato. Si è sempre trattato di un selezionatore, che doveva scegliere, mettere insieme giocatori, rispettando le caratteristiche mostrate in campionato. Il tipo di gioco non poteva che essere un classico italiano, cioè un 4-4-2 leggermente sfasato nella linea mediana, quasi a rombo, con un mediano arretrato, un trequartista, una mezzala che corre e un regista. Sempre due punte, più un’ala che copre quando si inseriscono in area le due mezzeali. Era complesso cambiare gioco, pericoloso. Perché mancava il tempo per provare e perché, avendo i migliori di ogni ruolo, era sbagliato costringerli a interpretazioni diverse.
La rivoluzione “manciniana”
Ora, invece, ecco la rivoluzione di Roberto Mancini. Al Corriere della Sera, Sconcerti spiega come l’Italia per Euro 2020 di Mancini non sia figlia di nessuno. Il Ct ha capito che doveva fare a modo suo. Così, ha preferito affidarsi al bel calcio. E per farlo, secondo Mario Sconcerti, “doveva dimenticare quello che il nostro Paese, calcisticamente, ha sempre prodotto. Mancini ha rovesciato il concetto: non conta più la specializzazione del ruolo, conta la qualità dell’individuo per poter inventare ruoli diversi”.
Un gioco inedito
Per la prima volta, aggiunge Sconcerti nel suo articolo sul Corriere della Sera, ecco dunque una Nazionale che non c’entra nulla con il campionato: gioca un calcio che non vediamo nei nostri stadi, a ritmi alti, senza fuoriclasse ma con giocatori che sembrano tutti bravi. Il grande insegnamento che Mancini sta dando, secondo Sconcerti, è quello che tutti ora sanno che l’Italia è davvero in grado di giocare bene.