Giorgio Zanchini è pronto quando cominciamo a parlare, come quando la mattina è la voce sempre energica, vitalistica di “Radio anch’io”, o presenta garbato e con eleganza comportamentale “Quante storie” su Rai3, confessa di avere i “tempi radiofonici”, efficacia e rapidità insieme, capacità di collegare, alimentare il flusso di notizie, informazioni, dichiarazioni. “La lettera sembra una pratica ottocentesca” esordisce, “ma forse scriviamo più oggi che ieri, rispetto al deposito e al tempo c’è un deficit di concentrazione”. Anche se a volte le mail hanno effetti emozionali simili, “come quando Chiara Valerio mi ha scritto un messaggino, il tuo romanzo mi è piaciuto moltissimo, lo voglio pubblicare, allora ho provato la gioia infantile di quando segnavo un goal con la squadra della scuola”.
Scambi d’amore
Lui non era un grafomane, ammette, anche se poi quello che mi dirà forse un po’ lo smentisce, ma ci sono stati “epistolari d’amore con le ragazze o gli amici carissimi, quelli lontani oppure conosciuti d’estate, quando sono andato a lavorare a Londra e Parigi”. Molte con Felia Allum, la figlia dello storico inglese, “lunghissime lettere sulla caduta del muro di Berlino, lei, comunista, mi raccontava con tragicità la fine, oggi rileggerle fanno tenerezza” dice, anche il tono era diverso allora, sostiene, quella che chiama “la cifra della comunicazione umana, la lettera cartacea era in bella copia, di alcune mi vergogno, c’era un carico retorico che oggi mi sembra ridicolo, ci si prendeva molto sul serio, c’era l’idea che restassero, invece le mail sono volatili, una comunicazione intensissima senza pause ma volatile”.
Le lettere con D’Amico
La sua è una voce inconfondibile, allo stesso tempo pacata e veloce, fortemente concentrata. “Quelle con le ragazze erano scambi d’amore con dentro tentativi di analisi del reale, le cose adolescenziali eterne, poi consigli di lettura, ci investivamo molto”. Moltissime le scambiò con la futura scrittrice Margherita D’Amico, “lettere lambiccatissime sul senso della vita e della morale, con compiacimento nichilistico, le ripenso con nostalgia”, altre con Padre John Barry suo insegnante a Dublino e maestro di letture. “Con lui abbiamo continuato a scriverci per tanti anni sulla politica, la sessualità, lettere sui grandi temi dell’esistenza”.
Dal fronte
Alcune, come per esempio quelle del nonno ufficiale del 3° reggimento alpini, gli sono servite per scrivere “Sotto il radioso dominio di Dio” (Marsilio), un romanzo tra memoria famigliare e invenzione letteraria. Lettere piene di ardente patriottismo del capitano che prima è nell’esercito fascista, poi passa con gli alleati, e l’8 settembre prende la sua decisione, il quale scrive di una vicenda sua personale ma anche di un momento storico, “io non posso non combattere insieme agli angloamericani, perché poi al ritorno non potrò guardare in faccia un altro essere umano” confessa serioso a sua moglie dal fronte. Nel libro hanno questo tenore enfatico, con un linguaggio solenne: “sotto la ferma determinazione di compiere il mio dovere, oggi che avrei entusiasmo slancio e convinzione della necessità di questa guerra mi sento raggelato dal tormento di vedere come ben pochi italiani pensino a questa nostra disgraziata ed umiliata Patria”.
Segreti inconfessabili
Le più inconfessabili sono quelle che si scambiarono suo padre e sua madre prima di separarsi. “Un giorno vidi quella di mia madre sopra il comodino, ho letto le prime frasi entrando in una zona intima, avevo già più di vent’anni ma mi impressionò moltissimo, sto violando un santuario mi sono detto, non le devi leggere, ho pensato, e alla quinta riga ho smesso”.