Il giorno è lo stesso – l’11 luglio, sempre di domenica – e ai più ferventi sostenitori della non casualità delle coincidenze il dettaglio beneagurante non è certo sfuggito. Ma rispetto a quell’11 luglio del 1982, quando l’Italia superò la Germania Ovest conquistando il suo terzo titolo Mondiale, c’è un parallelismo in più: come allora il Presidente della Repubblica Sandro Pertini sostenne i ragazzi di Bearzot dalle tribune del Santiago Bernabeu, lo stesso farà Sergio Mattarella domenica prossima, recandosi a Wembley per fare il tifo per gli Azzurri di Mancini nella finale degli Europei contro i padroni di casa dell’Inghilterra.
Orgoglio nazionale
Come Pertini soffrì e poi gioì insieme ai ragazzi della Nazionale e a tutti i tifosi italiani, la speranza è che ora la storia si possa ripetere, portando nella bacheca azzurra quel titolo continentale vinto una sola volta, nel lontano 1968. Un’occasione importante, in un momento in cui entrambi i Paesi – sarebbe più corretto dire il mondo intero – sono alle prese con una pandemia tutt’altro che lasciata alle spalle definitivamente e una ripartenza economica e sociale – proprio per questo motivo – ancora incerta e balbettante. L’Italia di Bearzot fu motivo di orgoglio e di riscatto per un Paese intero, che qualche anno prima aveva vissuto il dramma del caso Moro. Quella di Mancini può regalarci – e già lo ha abbondantemente fatto – un’iniezione di fiducia e di entusiasmo, quanto mai necessaria in questo frangente.
Crescita per il Paese
“Il Mondiale dell’82 – ha ricordato in una recente intervista a Postenews uno dei suoi protagonisti, Antonio Cabrini – è stato un momento di crescita per il Paese, un’esperienza determinante e particolare, in cui una squadra e un gruppo partiti da niente sono riusciti ad arrivare in fondo raggiungendo il traguardo più alto. Un traguardo che è stato di grande aiuto per la società, per superare le difficoltà che l’Italia stava attraversando: il calcio è sempre un momento straordinario per la crescita di un Paese”.
Nella memoria collettiva
Le braccia protese al cielo con l’immancabile pipa in mano, la partita di scopone più famosa della storia, in coppia con Zoff contro il duo Causio-Bearzot, sul volo di ritorno. Immagini che restano scolpite come pietre nella nostra memoria collettiva. La speranza è che ora i ragazzi di Mancini – e perché no, lo stesso Mattarella a Wembley – possano regalarcene altre.