La vita dei postini di Poste Italiane di nuovo protagonista sui quotidiani. Lo storico giornale piacentino Libertà ha ospitato un’intervista alla giovane portalettere Giulia, 26 anni, in servizio nel piccolo centro di Roveleto di Cadeo, in provincia di Piacenza.
L’inizio della professione
La dipendente di Poste ha ricordato al giornale la paura nei momenti della prima ondata Covid, raccontando storie davvero toccanti. Partendo però dall’inizio della sua carriera quando di diventare portalettere, dai tempi dei banchi di scuola, Giulia non se lo immaginava proprio. E tanto meno si immaginava – si legge nel pezzo a firma di Donata Meneghelli – che la sua vita e la sua professione sarebbero state stravolte dal Covid. Ma lei non ha mai perso il sorriso e ha sempre svolto il suo lavoro di postina con dedizione e passione.
Il duro periodo del lockdown
Ogni giorno, Giulia scende da Castell’Arquato e si reca al Centro di Distribuzione di Poste Italiane di Fiorenzuola, per poi mettersi alla guida dell’auto di servizio, con la quale effettua il suo giro a Roveleto di Cadeo, la zona che le è stata assegnata. La portalettere, nell’articolo pubblicato su Libertà, aggiunge che “nelle settimane della pandemia, gli anziani soli vedevano solo me quando consegnavo la posta, il giornale, i pacchi. Io lasciavo la posta in cortile, sul balcone, sui davanzali delle finestre. Loro si affacciavano, mi salutavano, due chiacchiere a debita distanza, tutti con le mascherine. E in tanti mi lasciavano anche dei bigliettini di ringraziamento e di incoraggiamento. Sotto Natale, persino qualche regalino, che mi scaldava sempre il cuore”. E ben si comprende come Giulia, negli occhi e nelle affettuosità di quegli anziani, vedesse anche il volto della sua amatissima nonna, venuta a mancare a proprio causa del Covid.
I primi giorni da portalettere
Come si legge nell’articolo, La giovane portalettere Giulia è originaria di Chiavenna Landi, piccolo comune del piacentino, ha studiato all’istituto alberghiero di Piacenza: “Una volta diplomata – racconta a Libertà – è stato mio padre a dirmi che aveva visto un annuncio di lavoro. E così, nel 2015, iniziai questa avventura”. Inizialmente, tra mille difficoltà e paure che ben presto, tuttavia, hanno lasciato spazio alla fiducia: “Cominciai a ricordarmi le vie, i nomi dei miei utenti e loro a riconoscere me – dice al giornale la portalettere – e questa è stata la cosa più gratificante. Dopo anni passati a servire lo stesso paese, diventi uno di famiglia, le persone ti aspettano, diventi parte della loro quotidianità”.
I piccoli gesti che fanno la differenza
Poi, i momenti tristi della pandemia. Giulia ricorda che qualcuno aveva paura persino a scendere di casa per andare a prendere la posta nella cassetta. Lei continuava però a svolgere in modo impeccabile il suo lavoro. “Munita di mascherina e guanti – ricorda – mi avvicinavo a finestre o balconi e consegnavo la posta. Piccoli gesti come questi fanno la differenza. Sono i sorrisi trapelati dagli sguardi sotto le mascherine e i grazie ricevuti che mi hanno dato quella marcia in più per continuare a lavorare”.