In questa intervista, realizzata dal magazine Postenews, l’astronauta Paolo Nespoli ci porta a scoprire i segreti della posta nello spazio.
Nella sua vita da astronauta Paolo Nespoli ha trascorso nello spazio 313 giorni, 2 ore e 36 minuti, nell’arco di tre diverse missioni, l’ultima delle quali conclusa un anno fa. I suoi gesti quotidiani in orbita sono stati analizzati, sezionati e raccontati in tutto il mondo, abbiamo visto le foto che ha scattato della Terra e i tweet lanciati dallo spazio. Nespoli, ingegnere e maggiore dell’Esercito, ci ha raccontato alcuni aspetti meno noti del filo diretto che lo teneva vicino ai suoi cari durante le missioni. Non esclusa la corrispondenza cartacea.
Nespoli, lei è stato tra i primi astronauti a twittare durante le missioni. Oltre naturalmente alle e-mail, c’è la possibilità di mantenere una corrispondenza anche materiale con i propri cari?
“La Stazione Spaziale Internazionale è un posto isolato e confinato dove si ha accesso a tutte le diavolerie più avanzate della tecnologia. Ma una lettera è sempre qualcosa di diverso e di personale, che si può toccare con mano. Le nostre famiglie hanno la possibilità di mandarci delle cose attraverso la navicella di rifornimento, che ci raggiunge più o meno una volta al mese. Al suo interno si trova un contenitore grande come una scatola di scarpe. E lì le nostre famiglie possono mettere oggetti personali, di solito i giocattoli dei bambini, le fotografie e i biglietti che è sempre un piacere ricevere”.
Quindi la corrispondenza funziona…
“I russi hanno addirittura una stazione postale, con il timbro ufficiale numero uno di Mosca, mentre gli americani hanno avuto qualche problema in passato perché qualche astronauta portava a bordo francobolli e monete destinate ad assumere un valore enorme per i collezionisti. Una pratica che successivamente è stata vietata”.
Al di là dell’importanza e della grandezza di ciò che stavate compiendo, ha vissuto momenti di solitudine in cui gli oggetti che ha ricevuto da casa hanno rappresentato una compagnia?
“La Stazione spaziale è un luogo particolare: non è facile arrivarci e non è facile andare via se si hanno dei problemi. Si vive una condizione molto pesante dal punto di vista psicologico. La Nasa e tutte le Agenzie spaziali internazionali sono arrivate alla conclusione che l’uomo non è fatto per vivere in isolamento e hanno cercato, nel corso dei decenni, di abbattere le distanze. Ci si collega a Internet, ci sono il telefono, i social media, le videoconferenze. In realtà, non ci si accorge neanche che il tempo passa, perché a bordo c’è molto lavoro da fare. Devo dire che non ho mai sofferto di solitudine, ma l’arrivo di quello che io chiamo il “pacchetto della croce rossa” è un momento importante: le letterine dei bambini che hanno appena imparato a scrivere finiscono ovviamente sul muro. Ognuno di noi ha una piccola cuccetta, delle dimensioni di una cabina telefonica, e tappezziamo le pareti di questi messaggi”.
Lei ha scritto un libro sulla sua esperienza. Aveva la possibilità di prendere appunti durante la missione?
“Sulla Stazione abbiamo il computer di bordo, il laptop per lavorare e per le esigenze di carattere personale. Abbiamo ovviamente anche carta e penna ma la carta è molto preziosa perché bisogna riportarla a terra, quindi cerchiamo di portarne lo stretto indispensabile”.
Ricorda qualche messaggio ricevuto nello spazio da parte delle istituzioni?
“Durante la mia seconda missione, venne a mancare mia madre. Ricevetti moltissime e-mail, tra cui quelle del Quirinale e del Vaticano”.
Invece, quale lettera particolarmente significativa le è capitato di scrivere?
“C’è una procedura standard, che vale per tutti gli astronauti. Prima della partenza ci chiedono di scrivere due lettere destinate ai propri cari: una da consegnare nel momento in cui arriviamo in orbita; la seconda, invece, è una sorta di addio, nel malaugurato caso qualcosa non vada per il verso giusto. Allo stesso tempo viene chiesto alle famiglie di scriverci una lettera per congratularsi con noi e che apriremo quando saremo in orbita: di solito, viene accompagnata da un mazzo di fiori”.