In questa intervista, realizzata dal magazine Postenews a inizio 2020, la scrittrice Dacia Maraini ricorda la figura di Matilde Serao, la giornalista che ha lasciato un’impronta anche alle Poste.
Dacia Maraini è sicuramente la più grande scrittrice italiana vivente, con una storia biografica, culturale ed editoriale tra le più ricche e leggendarie della letteratura italiana del ’900. Figlia dell’etnologo Fosco, grande viaggiatore e orientalista, ha esordito nel 1962 con il romanzo “La vacanza”, ma oltre a scrivere narrativa ha pubblicato libri di poesia, opere di teatro, rappresentate in Italia e nel mondo, e sceneggiato “Il fiore delle mille e una notte” di Pier Paolo Pasolini. La sua vicenda umana incrocia quella di Alberto Moravia, che incontra a ventisei anni. Dirà del grande romanziere: “Era un uomo generoso, dolce, un bel carattere, un conversatore meraviglioso e viaggiatore stupendo”. Gira con lui e Pasolini in Africa, conosce ed è amica di Leonardo Sciascia, Maria Callas, Enzo Siciliano, Italo Calvino. I suoi libri, tra i quali “Memorie di una ladra”, “La lunga vita di Marianna Ucria”, “Bagheria”, sono diventati film e hanno vinto i premi più prestigiosi, tra i quali lo Strega e il Campiello.
Per molte generazioni le lettere si sono intrecciate alla biografia, agli eventi importanti della vita. Le sue, come sono state?
“Ho scritto molte lettere ma non ho mai pensato di conservarle. Curiosamente, ora che si scrivono le lettere via e-mail penso più spesso a come conservarle. Mi preoccupo più di quando scrivevo lettere su carta e le spedivo per posta. In effetti la conservazione, con lo sviluppo della tecnologia, è diventata un problema. La tecnologia velocizza tutto, ma rende ogni cosa più volatile ed effimera. Voglio dire che gli strumenti elettronici cambiano in continuazione e quindi è difficile fare archivio”.
Avrà ricevuto molte lettere dai suoi lettori, immagino. Ne ricorda qualcuna in particolare?
“Sì, ho ricevuto molte lettere, soprattutto quando tenevo una rubrica su “IO donna”, l’allegato settimanale del Corriere della Sera. Alcune, le più care, erano quelle che raccontavano, da lettori o lettrici, come avevano vissuto un mio libro e di come aveva tenuto loro compagnia. Ma devo dire che la maggior parte delle lettere erano proposte di lettura di manoscritti. Inutile rispondere che non ho nessun potere con le case editrici. Arrivavano centinaia di manoscritti con lettera per “un parere”, ma erano quasi sempre richieste di raccomandazioni presso editori. Io ho ricevuto e ricevo soprattutto lettere, anche dieci alla settimana, di aspiranti scrittori che vogliono un parere sui loro scritti. Quella è la mia ossessione”.
Le è stato conferito il premio letterario che porta il nome della giornalista e scrittrice napoletana Matilde Serao, che fu anche, dal 1874 al 1877, telegrafista a Napoli come dipendente delle Regie Poste. Lei in quell’occasione ha parlato del ruolo della donna nella cultura e nella società.
“Le donne hanno sempre scritto, per esempio i conventi sono ancora pieni di pagine anche molto belle scritte da mistiche intelligenti e sapienti ma a cui nessuno critico, né cattolico né laico, ha dato importanza. Solo adesso, dopo il femminismo, qualche storico e critico letterario ha cominciato a interessarsi a quegli scritti. Le donne, infatti, nonostante le limitazioni e le esclusioni, hanno sempre dipinto, suonato, composto, scritto, ma appena morte, le loro opere, sono state sepolte con il loro corpo. Ricordiamo che la storia la raccontano i vincitori e il mondo patriarcale, vincitore sociale e culturale, ha escluso sistematicamente le donne dalla memoria artistica. Matilde Serao è un modello che va conservato. Attraverso il racconto della memoria noi creiamo coscienza”.