Caterina Benincasa, nota come santa da Siena, fu una leader del bene sociale. Oggi possiamo scoprire questo prodigio grazie al filo rosso che attraversa le sue 381 Lettere a noi pervenute. Per lei stravedono storici e critici letterari. Taluno addirittura azzarda che la visione politica di Caterina anticipi di due secoli il pensiero politico di Machiavelli sebbene fondato su principi opposti. Lo storico fiorentino punta sul bene “particulare”, mentre la santa, donna invitta, sostiene il primato del bene comune. Tutto di lei suscita meraviglia poiché proprio l’epistolario è lo specchio di una vita capace di armonizzare l’ordinario e lo straordinario.
La vita di Santa Caterina
Popolana nata nel 1347 nella contrada dell’Oca, quasi analfabeta, morta a soli 33 anni, per la sua sapienza teologica e sociale riversata nelle Lettere e nell’unico suo “Libro della divina dottrina”, nel 1970 fu la prima donna della storia proclamata dottore della Chiesa cattolica. Considerata da alcuni una mistica trasgressiva, questa donna venne valutata da san Paolo VI una politica «sui generis» che “conserva tuttora il suo significato e valore, benché oggi sia più sentito il bisogno di far la debita distinzione tra le cose di Cesare e quelle di Dio, tra Chiesa e Stato. Il magistero politico della Santa trova la più genuina e perfetta espressione in questa sua lapidaria sentenza: «Niuno stato si può conservare nella legge civile e nella legge divina in stato di grazia senza la santa giustizia».
Il mondo interiore
Le sue Lettere, pochissime le autografe, dettate ai suoi collaboratori sono lo specchio magico che tutto ci svela del mondo interiore, davvero sorprendente, di Caterina. Benché giovanissima, la santa fu autorevole interlocutrice di due papi, di cardinali, vescovi, prelati, re e regine, condottieri, signori delle città, dame dell’aristocrazia, artisti, giuristi e medici, discepoli e familiari, monache, frati, eremiti, laici, mercanti e artigiani. Mostrò la forza della sua visione della vita, mai rassegnata alle avversità e mai passiva nella tristissima società del suo tempo, con un servizio quotidiano ai malati più poveri, gravi e abbandonati. Un servizio di carità giornaliero che non le impedì di riuscire nella grande missione di riportare il papa a Roma dopo anni d’esilio ad Avignone.
L’amore e la dolcezza
Per tutti i destinatari, le sue Lettere sono come “altrettante scintille di un fuoco misterioso- le definì Paolo VI – acceso nel suo cuore ardente dall’Amore Infinito, ch’è lo Spirito Santo”. Caterina dedicò gli ultimi anni a promuovere la riforma spirituale della Chiesa basata sulla coerenza di vita degli ecclesiastici e la riforma della politica che ruota sulla dignità della persona umana e sul bene comune. Esigente con i chierici, lo fu altrettanto con i politici. “Chi non sa governare se stesso, non può governare gli altri”. La dolcezza di questa donna di polso appare evidente nella corrispondenza. Tutte le sue lettere si aprono con la stessa motivazione: “Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce”. E terminano tutte – chiunque sia il destinatario – con la medesima affermazione, suggerita come prova di una realtà da lei stessa sperimentata: “Gesù dolce, Gesù amore”.
L’avvento di uomini nuovi
Completo disinteresse di sé per una Chiesa liberata dai cattivi pastori, tornata evangelica serva dei poveri. Condizione primaria per divenire lievito di una società travagliata da molti mali e da rinnovare. Rileggere le Lettere di Caterina nel presente stravolto da una devastante pandemia, aiuta a ripartire con pensieri solidi per un mondo migliore di quello anteriore al Covid 19. Ripensare Caterina è convincersi che un mondo nuovo non si costruisce restando gente egoista. Riporta alla mente la condizione immaginata dallo scrittore algerino Frantz Fanon per non vanificare il processo di decolonizzazione in corso nel secondo dopo guerra: “Sostituzione d’una specie d’uomini con un’altra specie di uomini”. Se ciò non accade si sostituirà il colonialismo con altri colonialismi. Mossa da fuoco interiore cristiano, Santa Caterina dettava le sue Lettere per l’avvento di uomini nuovi e di una comunità umana fraterna e in pace.