In tempo di pandemia, che ha costretto l’Occidente a respirare analoghe paure tipiche dei Paesi poveri, la lettura di romanzi, lettere, saggi pedagogici e politici di Mary Wollstonecraft (1759-1797), icona che ha precorso il femminismo e le lotte di genere, svela la miseria della vanità sociale respirata come stile inossidabile. L’inglese Mary, tuffata nella Parigi della Rivoluzione francese, ne ha fatto le spese sia da viva, sia dopo la morte di parto, fine dolente per tante donne del suo tempo. Vittima di pregiudizi perbenisti che hanno sempre offuscato uomini e specialmente donne impegnate a promuovere diritti di libertà, uguaglianza, fraternità nella parità di genere.
Sfidare le critiche
La storia della Wollstonecraft spinge a pensare che ogni lotta per la giustizia produrrà delle Mary per sempre, ossia ostacolate da pregiudizi e maldicenza. Vivere lottando per la dignità paritaria di uomini e donne non affranca da fragilità tipiche della condizione umana. L’amara esperienza della denigrazione morale e del sarcasmo (per lei si coniò il neologismo di “iena sottoveste”), Mary, intellettuale autodidatta schierata per i diritti delle donne, l’ha provata sulla propria pelle. Reagendo. “Coloro che sono abbastanza audaci da precorrere i tempi in cui vivono, e con la forza della propria mente gettare via i pregiudizi che il progresso della ragione nel mondo con il tempo rifiuterà – scrisse in una lettera poco prima di morire – devono imparare a sfidare le critiche. Non dovremmo quindi preoccuparci troppo dell’opinione degli altri …”.
La lotta per la normalità
Sono le sue Lettere che raccontano la fatica quotidiana di una donna per sentirsi amata e rispettata alla pari degli uomini. Tanto inflessibile appare nei suoi scritti a difesa dei diritti delle donne, quanto fragile nelle sue Lettere dove lotta per la normalità del quotidiano e per il primato dell’amore base di ogni rapporto. Forte, inquieta, vulnerabile. E forse proprio questo vivere fino in fondo l’esistenza di donna prigioniera dei limiti imposti dalle convenzioni sociali l’ha spinta a forzarle con la sua riflessione filosofica sui diritti delle donne. I suoi scritti hanno convinto i suoi estimatori a ritenerla la prima femminista anticipatrice del movimento attuale per la parità di genere. Va notata la differenza di stile e di sentimenti espressi nelle lettere e nei saggi.
Le Lettere d’amore
“Amore mio – si legge nelle Lettere d’amore all’uomo con il quale aveva avuto una figlia e che sperava di sposare – obbedisco a un impulso del cuore e, prima di andare a letto, ti auguro la buonanotte, più teneramente di quanto domani potrei fare in poche frettolose righe… Trattami con la dolcezza che solo in te ho trovato, e io, la tua “ragazzina”, cercherò di moderare l’irruenza che spesso ti ha fatto dispiacere. Sì, sarò brava, e finché tu m’amerai mai più potrò sprofondare nell’acuta tristezza che mi rendeva così penosa la vita!… Non puoi immaginare con quale gioia pregusti il giorno in cui potremo vivere insieme, e tu sorrideresti ascoltando quanti progetti ho ora nella testa, adesso che, finalmente, nel tuo cuore il mio ha trovato la pace!”.
Liberare le donne dalle ingiustizie
Ma poi patì l’abbandono e il tradimento di quest’uomo fino al punto di tentare il suicidio. Con un’eccezione, dagli uomini non ebbe esperienze felici a cominciare dal padre violento. Aveva maturato la coscienza delle ingiustizie subite dalle donne e pertanto individuò presto il punto base della loro liberazione: un’educazione culturale, civile, alta e impegnativa al pari di quella riservata agli uomini per non restare bambole dei loro capricci. Considerò la ragione guida essenziale anche nell’educazione delle donne per superare le sdolcinature con cui si dissipa il loro tempo educativo.
Fra Riflessioni e Rivendicazioni
Una delle sue prime pubblicazioni fu pertanto “Riflessioni sull’educazione delle figlie”. Nel 1792 nel pieno dispiegarsi della Rivoluzione pubblicò il saggio “Rivendicazione dei diritti delle donne” considerato il primo manifesto del femminismo. “In un mondo nel quale si tende a dimenticare quanto lunga sia stata la schiavitù femminile – osserva Eva Cantarella in una recente prefazione al volume –, quanto dura e difficile sia stata la via per l’emancipazione, quanto essa sia costata a tante e tante donne note e ignote, è importante leggere questo libro”. “Come possono le donne – lamenta Mary Wollstonecraft – essere giuste o generose se sono rese schiave dall’ingiustizia?”. L’ultimo suo romanzo non finito porta il titolo “L’oppressione della donne” di cui per tutta la vita ha sognato la fine.