Continua a crescere il numero di contratti collettivi di lavoro: un fenomeno “patologico” che – afferma il Cnel nell’XXIII Rapporto su mercato del lavoro e contrattazione collettiva – che prosegue senza sosta da almeno un decennio. A dicembre 2021 risultano depositati al Cnel 933 contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti per i lavoratori del settore privato. Rispetto ai dati rilevati un anno fa, l’incremento appare vistoso: ben 77 Ccnl, pari a un +9%. Gli incrementi percentuali maggiori si registrano nei settori contrattuali “chimici” (+38%), “lavoro domestico” (+22%), “istruzione, sanità, assistenza, cultura, enti” (+17,5%). L’unico settore contrattuale in cui il numero di contratti nell’anno in esame si è ridotto è “edilizia, legno, arredamento” (-6,6%).
Pluralità di fonti collettive
Il Cnel, pur riconoscendo che il fenomeno è coerente con i sacrosanti principi di libertà sindacale, di autodeterminazione della categoria contrattuale e, più estesamente, di pluralismo associativo, presenta dei “guai”, cioè che gli effetti concorrenziali agiscono soprattutto al ribasso. “La pluralità di fonti collettive e l’ampliamento dell’offerta di regole che disciplinano il rapporto di lavoro possono diventare il mercato dove ‘fare shopping’ per ridurre il costo del lavoro”. Più di un terzo dei contratti depositati sono sottoscritti da organizzazioni non rappresentate al CNEL, anche se questi contratti risultano applicati a un numero davvero ridotto di lavoratori. 353 Ccnl su 933 (pari al 38%) sono sottoscritti da firmatari datoriali e sindacali non rappresentati al Cnel, ma tali contratti risultano applicati a 33 mila lavoratori su oltre 12 milioni (si tratta di circa lo 0,3%).
Oltre 10 milioni di lavoratori
I 128 contratti collettivi sottoscritti da soggetti datoriali e sindacali rappresentati al Cnel, pari al 14% dei Ccnl vigenti, riguardano poco più di 10 milioni e 660 mila lavoratori, circa l’87% del totale dei lavoratori oggetto delle denunce. Si registrano, infine, 450 contratti sottoscritti da organizzazioni sindacali rappresentate al CNEL e da organizzazioni datoriali non rappresentate al CNEL (pari al 48% del totale).