Scende per la prima volta dal 2013 l’occupazione femminile: secondo i dati del Bilancio di genere 2020, nell’anno dello scoppio della pandemia è scesa al 49%. Un risultato di gran lunga inferiore alla media della Ue, che misura un’occupazione femminile del 62,7%. A soffrire del calo dell’occupazione sono le donne con figli, impiegate il 25% in meno delle coetanee senza, e le giovani, principalmente del Sud o delle isole. Rallenta anche la crescita delle imprese femminili, dopo un aumento costante dal 2014. Pochi progressi sul fronte delle dirigenti: nel 2020 non c’è nessuna donna amministratore delegato nelle grandi aziende quotate nella Borsa italiana.
Sale sempre più il divario tra uomini e donne nel mondo del lavoro
Con il calo dell’occupazione femminile sale quindi il divario con il tasso di impiego maschile: in Italia è in lieve aumento arrivando a 18,2 punti percentuali, mentre nella Ue è pari a 10,1 punti. Nel 2020 le imprese femminili rappresentano il 21,9% del totale e, rispetto a quelle maschili, sono di piccole dimensioni, localizzate nel Mezzogiorno e più giovani. E se cresce – grazie alla normativa sulle quote – la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle aziende, resta invece ferma la situazione nelle più grandi società quotate nella Borsa italiana: le donne nella posizione di Presidente sono solo il 17,6% nel 2020 (contro il 5,4% del 2014) mentre spicca l’assenza di donne fra gli amministratori delegati italiani nel 2020 (dopo una esigua presenza intorno al 3 per cento nel 2018 e nel 2019).
“Con la pandemia siamo scivolati indietro”
“Diversamente rispetto alle crisi precedenti, l’impatto di quella pandemica è stato particolarmente negativo sulle donne: si è tradotto non solo in una significativa perdita di posti di lavoro in settori dominati dalla presenza femminile, ma anche in condizioni di lavoro peggiori, in una accresciuta fragilità economica e in un conflitto vita-lavoro ancora più aspro del passato”, spiega la sottosegretaria al Mef, Maria Cecilia Guerra. “Avevamo faticosamente superato la soglia psicologica del 50% nel tasso di occupazione femminile e con la pandemia siamo rovinosamente scivolati indietro – aggiunge – peraltro senza che si sia ancora riusciti a recuperare il terreno nonostante la ripresa economica”.
La realtà virtuosa di Poste Italiane
Un dato in netta controtendenza con la realtà di Poste Italiane, dove la diversità di genere è un valore e dove l’elevata componente femminile ha suggerito da tempo la necessità di dedicare un approccio strategico all’effettiva realizzazione delle pari opportunità in azienda che si è concretizzata in politiche retributive e di sviluppo basate su equità e performance. Secondo l’ultimo bilancio integrato, nel 2020 la diversity all’interno del Gruppo è ben rappresentata: il 54 per cento del totale dei dipendenti è donna, il 59 per cento dei direttori degli Uffici Postali, il 46 per cento tra quadri e dirigenti e il 44 per cento nel Consiglio di Amministrazione (costante dal 2016).