C’è una lettera in apparenza ordinaria, che tuttavia richiama la centralità della persona nella cura della salute, uno dei temi incendiari e divisivi come l’esperienza del Covid documenta a livello mondiale. Firma la lettera il dottor Francesco Parisi, pensionato dopo 40 anni di servizio al Bambino Gesù che l’ammirazione popolare per le cure prestate ai bambini chiama “l’ospedale del papa”. Forse al mondo non esiste analoga struttura ospedaliera per curare l’infanzia. Proprio la cultura della salute che anima l’ospedale del Bambino Gesù traspare nella Lettera di congedo di Parisi ai suoi 339 pazienti e alle loro famiglie.
Pazienti speciali
Possono sembrare pochi; in realtà sono tantissimi considerando che si tratta di pazienti speciali: tutti trapiantati di cuore o di polmoni o di reni o di fegato o d’intestino. Il trapianto è una risposta sanitaria del tutto particolare. I trapiantati non si concludono con l’intervento chirurgico. Richiedono una vigilanza medica e psicologica per anni. Tanto che Parisi, dalla competenza originaria di anestesista ha deciso di diventare trapiantologo, ossia un medico che accompagna i pazienti trapiantati lungo tutta la loro vita. Un servizio quasi inventato dalla piena dedizione alle persone che unisce scienza medica e amore per la vita. È una conseguenza logica della visione sanitaria dell’ospedale Bambino Gesù che pone il bambino al centro della struttura ospedaliera.
Qualcosa di “antico”
Parisi lo ha praticato come racconta nel suo volume “Ho visto persone attraversare le Ande” (Carlo Delfino Editore) che raccoglie una serie di storie di bambini e bambine trapiantati dal 1986 e il cammino perfezionato per portare il Dipartimento Trapianti alla massima efficienza. La fedeltà all’ispirazione cristiana ha reso quell’ospedale un “fatto di misericordia”. “Oltre alla definizione di medico burbero, scontroso, a volte poco gestibile, qualche collega – scrive Parisi nel libro all’origine scritto a mano come si fa per le lettere – mi ha dato anche dell’antico, poco aggiornato. In realtà è molto lungo l’elenco delle novità terapeutiche da me introdotte per primo in ospedale… Ma qualcosa di ‘antico’ c’era in tutto questo: il modo, quello sì antico. Le novità venivano introdotte se e quando servivano ai pazienti, erano cardini della cura. Non cardini delle nostre ricerche, dei nostri successi, non utili a raccogliere fondi. Perché questo è uno dei problemi, molte volte i pazienti finiscono con l’essere utili per inostri ‘trials’, perché inseriti negli studi che portano fondi alla struttura e visibilità ai medici che partecipano agli studi. Non voglio demonizzare il sistema, questo sistema, ma solo porre l’accento su una deriva che può essere pericolosa, non utile, e può farci perdere di vista l’obiettivo principale che è la cura delle persone. Perché è così che ho cercato di interpretare il mio mestiere” praticato entro un concetto di fondo “per cui la Sanità è un servizio” che soltanto il pubblico può garantire nel modo migliore.
Il saluto ai pazienti
A Parisi è congeniale l’esprimersi in forma di lettera, il linguaggio epistolare gli facilita la relazione interpersonale più dell’immagine. Nel tempo presente si assiste a una sorta di “trapianto” della forma-lettera nel linguaggio atipico informatico. Penna e carta sono pensionati di lusso. Ma il genere letterario della corrispondenza non è morto. Ne è prova una lettera inviata da Parisi in occasione del suo pensionamento. “Carissimi pazienti e familiari dei pazienti – vi si legge – come forse già avete saputo, con la fine del 2020, si è conclusa la mia attività all’ospedale “Bambino Gesù”. Come in tutte le cose della vita, anche in questo rapporto ci sono stati un inizio e una fine. Nei quaranta anni che ho trascorso al Gianicolo, ho avuto il privilegio di conoscere tutti voi e tanti altri che purtroppo non ci sono più. Da tutti, gli uni e gli altri, ho tanto imparato, perché non si smette mai di imparare. Vi ringrazio tanto per questo, per tutto quello che ho potuto vedere e scoprire in voi, con voi e nelle vostre famiglie. Sono ormai parte di me un’infinità di ricordi, di emozioni, pezzetti di tutti voi, la cui ricchezza non potrà abbandonarmi. Non posso salutarvi e ringraziarvi tutti singolarmente, per cui perdonate se lo faccio in questa forma unica per tutti. So di lasciarvi in ottime mani. Cercherò di rimanere disponibile (in accordo con le dottoresse) per coloro che volessero comunque mantenere un contatto”.
Mille trapianti
Dai suoi pazienti – confessa Parisi – “è molto più quello che ho ricevuto di quel che ci ho messo, ma soprattutto ho imparato il rispetto, il rispetto per ciascuno, che non vuol dire distanza o distacco, ma riconoscimento… Ho fatto, e in altro modo continuo a fare, un lavoro bellissimo. Ringrazio ancora l’Ospedale Bambino Gesù per avermelo consentito”. Nel 150° di fondazione il Bambino Gesù aveva superato la soglia dei 1000 trapianti. Parisi ne è stato parte attiva in un terzo di essi.