Per la beatificazione di Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925, i documenti c’erano fin dal 1941 ma furono tenuti nascosti per decenni nell’archivio della Congregazione per le Cause dei Santi. Li fece ripescare Paolo VI che da giovane prete era stato animatore dei giovani universitari e laureati cattolici, riprendendo un percorso concluso nel 1992 con la beatificazione del giovane morto a 24 anni.
In difesa dei giovani
Pier Giorgio aveva vissuto con coraggio la sua breve esistenza divenendo un’icona di cosa può fare un giovane sia per la fede e sia per la società, quando decide di vivere per gli altri anziché per il proprio egoismo. Nei primi decenni del Novecento la condizione giovanile era ancor meno considerata di oggi. Nel nostro tempo si parla molto dei giovani ma si fa poco per il loro avvenire. Il loro mondo (scuola, lavoro, professione) è in parte marginale, in parte ignorato. Eppure senza riconoscere loro una cittadinanza attiva l’Italia rischia un severo declino. La vita di Pier Giorgio e le sue lettere che ne svelano l’ispirazione profonda e la dinamica esplosiva di vivere per gli altri prima che per sé, evidenziano il prezzo enorme che si paga rinunciando al contributo dei tanti anonimi Frassati della vita quotidiana. Per mantenere le cose come stanno è comodo e sbrigativo mandare in scena sui media specialmente giovani bulli e i violenti. Si pensi alla droga: non sono i giovani a gestire il giro che conta. Loro sono vittime. Anche la febbre del consumismo è un habitat mentale entro cui vivono assediati dalla prima infanzia.
Ognuno ce la può fare
Frassati, nato in una famiglia borghese, ha scelto di vivere in maniera altra rispetto alla sua classe sociale. Divenendo e restando tuttavia attore del proprio destino. La sua attualità è tutta qui e per questo è rimasto figura simpatica per tantissimi giovani. Un esempio che ognuno dei giovani ce la può fare. Ricordare Frassati è ricordarsi in ogni epoca la possibilità di vincere la sfida educativa. Solo impegnando la vita creiamo per gli altri e per noi le condizioni di una fiducia nuova nel futuro. Pensieri ottimistici suggeriti dal ricordo di un giovane che ha davvero speso così la sua vita, tanto da diventare un modello di fiducia e di audacia evangelica per le giovani generazioni d’Italia e del mondo. Un suo motto presente nelle sue lettere era: «Vivere, non vivacchiare!» per sperimentare e testimoniare in pienezza la forza e la gioia del Vangelo. Un illustre cardinale ha scritto di lui: “È vissuto poco, ma ha vissuto molto”. Qui sta il valore delle Lettere di Frassati. “Esse sono il frutto del suo cuore, del suo pensiero, della sua vita spirituale, politica, studentesca, e prima ancora familiare. La cronologia con la quale le Lettere sono state raccolte lo documenta: dai primi messaggi inviati ai genitori quand’era bambino, all’ultimo biglietto fatto recapitare a Giuseppe Grimaldi, il confratello con il quale avrebbe dovuto compiere in quell’ultimo venerdì le visite ai poveri della San Vincenzo, vergato con la mano ormai colpita dalla poliomielite fulminante che di lì a poco lo avrebbe portato alla tomba”. Le sue Lettere riflettono sulla fede, la carità, la pace, la bellezza della montagna, la difficoltà della vita ma sono anzitutto lettere di amicizia e sull’amicizia, intensa, mai banale, sempre gioiosa. “Nella vita terrena -scrive poco prima della morte all’amico Marco Beltrame – dopo l’affetto dei genitori e sorelle uno degli affetti più belli è quello dell’amicizia; ed io ogni giorno dovrei ringraziare Dio perché mi ha dato amici così buoni ed amiche che formano per me una guida preziosa per tutta la mia vita. […] Certo la Provvidenza Divina nei Suoi Mirabili Piani si serve talvolta di noi miseri fuscelli per operare il Bene e noi talvolta non vogliamo conoscere anzi osiamo negare la Sua Esistenza, ma noi, di Fede, non possiamo che riscontrare in esse un segno evidente della Esistenza di Dio”. La Lettera di san Paolo sulla carità aiuta a non essere tristi. La carità “può essere di guida e d’indirizzo per tutta la vita, per tutto un programma. Essa con la Grazia di Dio può essere la meta a cui il mio animo può attendere. Ed allora noi al primo momento siamo sgomenti, perché è un programma bello, ma duro, pieno di spine e di poche rose”.