Al centro del dibattito della prima giornata del convegno di Telefono Azzurro, tenutosi il 7 febbraio a Milano presso l’Università Bocconi e in streaming, è stato posto lo scollamento tra competenze digitali degli adulti e dei più giovani e necessità di cooperazione tra società civile, legislatore, terzo settore e aziende. “Nell’universo virtuale servono diritti reali” il titolo del dibattito in cui, da più parti, si è osservato come le decisioni sulla protezione dei giovani nel mondo digitale siano sempre prese dagli adulti e subite dai giovani, quando invece il loro contributo di nativi digitali potrebbe aiutare molto questo processo. È stato, inoltre, evidenziato come sia necessario individuare e attuare iniziative di formazione concrete rivolte a genitori ed educatori. Tanti i relatori appartenenti a vari ambiti – dalle aziende, alla politica, al mondo accademico, ai media.
Più diritti e protezione dei giovani nel mondo digitale
L’obiettivo di mettere a confronto società civile, istituzioni, terzo settore, legislatore e aziende per promuovere una nuova cultura e nuove prassi, che garantiscano i diritti e la protezione dei più giovani nel mondo digitale, enunciato in apertura di convegno dal Presidente di Telefono Azzurro, il professor Ernesto Caffo, è stato pienamente raggiunto, con spunti di discussione molto rilevanti e in parte inediti nell’approccio al problema. Tra questi, la considerazione di come si discuta da anni di questi temi, ma sempre all’interno di un mondo di adulti, spesso ignaro del nuovo profilo dei nativi digitali. Come ha ricordato Giovanni Ziccardi, Professore Associato di Filosofia del Diritto dell’Università degli Studi di Milano, evidenziando come le iniziative più belle ed efficaci su questi temi in questi ultimi anni siano arrivate proprio dai ragazzi. Gli adulti, infatti, fanno tavoli e parlano tra loro, ma i giovani sono sempre lasciati fuori dal dibattito. Ciò porta a uno scollamento col mondo e il pensiero degli adulti, che lascia i minori completamente soli nel digitale.
L’aggressività del bullo e degli hater
Ziccardi ha poi portato l’attenzione sulla insufficiente attenzione alle vittime, includendo tra loro anche gli aggressori: non ci si occupa infatti abbastanza di come affrontare e risolvere l’aggressività del bullo e degli hater con programmi specifici. I problemi tecnologici sono dunque importanti, ma non dobbiamo rischiare che offuschino i problemi alla fonte, che hanno creato questo scollamento tra generazioni. Come ha ricordato Giuseppe Riva, Professore Ordinario di Psicologia Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, esperto di neuroscienze, dopo la pandemia oggi i giovani sono sempre più online, ma ciò ha comportato una riduzione della qualità della loro esperienza. Questo tempo trascorso online in contatto con i loro simili non produce infatti gli effetti positivi delle relazioni tradizionali e i giovani finiscono per sentirsi sempre più soli. Come mai? Perché, come provato dagli studi scientifici, comunità fisica e online non sono la stessa cosa: vi sono ad esempio dei processi cognitivi che online non si attivano e che spiegano anche come mai sia più facile compiere atti di bullismo online anziché nel mondo reale: online, infatti, non vedo la sofferenza della mia vittima e non sono in grado di connettermi emotivamente con l’altro.
I giovani tra influencer e informazione
Guido Scorza, dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, ha poi richiamato l’attenzione sul problema del lavoro minorile e relativa gestione del denaro nel mondo digitale, con i tanti giovanissimi che fanno gli influencer monetizzando queste loro prestazioni in età giovanissima. Nonché sul problema della mercificazione dell’identità personale del minore in cambio di accesso a servizi digitali. Altro tema importante discusso oggi è quello dei giovani che usano per lo più il digitale per informarsi. È, quindi, necessario discutere sulla responsabilità che hanno gli operatori della comunicazione nella costruzione della realtà percepita dai giovani.
Regole e contrasto dei crimini pari a ciò che avviene nel mondo reale
In conclusione, nel mondo digitale ci devono essere regole e contrasto dei crimini esattamente come avviene nel mondo reale e le regole vanno sviluppate insieme da tutti i soggetti interessati, perché siano efficaci per quella che è la realtà effettiva del digitale e perché non siano obsolete ancora prima di essere attuate. E in questo bisogna superare le differenze culturali tra i vari Stati, perché tutti hanno comunque al centro la dignità dell’individuo e da questo sono uniti.