Iginio Straffi – regista, produttore, fondatore di Rainbow e creatore delle celebri Winx – ha accettato l’invito di Postenews, che gli ha chiesto di parlare dei giovani, dell’anno che verrà e di se stesso.
Che 2022 sarà per i ragazzi?
“Sono ottimista, penso che nel 2022 si uscirà dall’emergenza e si potrà riprendere la vita come la ricordavamo un paio d’anni fa. Ci saranno più vaccinati e il virus avrà allentato un po’ la sua presa. Anche grazie alla medicina si stanno facendo grossi progressi. Spero che presto i giovani possano riprendersi la vita”.
Il Covid ha cambiato l’immaginario?
“Sicuramente ha creato grossi cambiamenti. Si è dilatata la dimensione virtuale, digitale, ci siamo chiusi in casa, ci siamo isolati. Ma ora c’è tantissima voglia di uscire ed esplorare il mondo”.
Lei ha capito già da bambino, a sette anni, che voleva crescere nel mondo dei fumetti. È ancora felice di quella scelta?
“Sono felice perché sono una delle tante persone che è riuscita a realizzare un sogno. Nel mio caso, poter raccontare le proprie storie attraverso la televisione e il cinema. È quello che volevo fare quindi sono molto soddisfatto. Chiaramente, specialmente nel nostro settore, ci sono sempre nuove sfide. L’ultima cosa fatta è già vecchia e si guarda alla prossima ma il bello è proprio questo: innamorarsi dei nuovi personaggi e crescere con loro”.
Il suo ultimo personaggio è Pinocchio. Cosa lo rende universale e riconoscibile?
“Pinocchio è una fiaba molto nota ma nel tempo si è perso un po’ il suo significato. Non è solo la storia di un burattino a cui si allunga il naso quando dice le bugie. È un romanzo di formazione. Pinocchio rappresenta la curiosità del bambino che vuole crescere, che vuole conoscere il mondo anche attraverso l’esperienza diretta, il contatto, l’avventura. È un percorso esistenziale che trasforma un burattino in un essere umano. È la storia di chi ha un sogno e si impegna in tutti i modi per realizzarlo. Pinocchio ci porta poi altri messaggi, il più importante è che con la falsità, i raggiri, nella vita non si va lontani. Meglio tenere sempre dritta la barra dell’onestà. Questo è un messaggio importante per le nuove generazioni”.
Giovanissimo lei ha fondato la Rainbow con un socio particolare, ci racconta?
“È accaduto tutto un po’ casualmente. Lavoravo come disegnatore e la casa editrice diretta da Don Lamberto Pigini, prete e capitano d’azienda illuminato, mi commissionò dei cartoni animati per le scuole. Avemmo un buon successo e da lì venne l’idea di fare insieme una società più grande, dotata di nuove tecnologie. Così nacque Rainbow. È stato un incontro fortunato perché Don Lamberto si è fidato, ha sostenuto la mia visione industriale e strategica. e siamo andati avanti insieme a lungo”.
Oggi fattura 90 milioni di euro. Quanti schiaffi ha preso e quanto bene le hanno fatto?
“Di schiaffi ne ho presi tanti e posso dire che mi hanno fatto bene perché mi hanno insegnato ad essere meno ingenuo e meno naif nel credere alle promesse e alle parole di chi avevo davanti. Il primo lavoro che feci fu ricompensato da un produttore con un assegno scoperto. Con il mio service ricominciammo quindi da meno dieci, un brutto colpo e una pessima partenza. Poi ho preso altri schiaffi da distributori americani che avevano firmato contratti milionari che non hanno mai onorato, sfruttandoci. È stato dopo queste esperienze che ho deciso di non essere solo creatore ma anche distributore dei miei prodotti. Ho preso la valigetta e sono andato in giro per il mondo a presentare i miei lavori. È stata dura ma alla fi ne ce l’ho fatta”.
Le sue Winx sono un marchio italiano esportato nel mondo. Ma soprattutto sono il primo cartone “femminista”.
“Direi che sono nate contro lo stereotipo della fiaba classica dove la principessa aspetta il principe azzurro. Studiando il mercato dei cartoni vidi che era troppo sbilanciato nelle produzioni per i ragazzi, mentre si produceva poco o niente per le ragazze (a parte il Giappone, che però allora era ancora molto lontano). Ho quindi pensato che occorreva creare eroine che facessero sognare le bambine. Con le Winx ho attinto da un progetto a cui avevo lavorato anni prima, la rivalità tra streghe e fate. Rielaborando questa idea, restituendo la giovinezza a fate e streghe ho avviato un concept che si è rivelato molto complesso: oltre cento pagine di indicazioni, mondi, intrecci, storie che mi ha portato via oltre un anno di tempo ma che poi il mercato ha accolto con tutta la sua forza innovativa. Compreso il fatto che 20 anni fa, con le Winx, nacquero le prime super eroine emancipate femminili, che salvavano i maschi e non viceversa”.
Come contrasta il rischio di omologazione e ripetitività delle storie?
“È il rischio principale. Noi cerchiamo sempre di trovare nuove idee e nuovi spunti, lavorando su cose che non sono state mai fatte prima, ma in realtà poi il mercato ti chiede di replicare il fenomeno Winx. Non vale solo per noi. Penso alla Colorado Film, che fa parte del nostro gruppo e che sa fare cose innovative di genere diverso ma alla quale chiedono commedie. Insomma, ci vorrebbe un po’ più di coraggio da parte di chi acquista – piattaforma o broadcaster – per provare a fare cose nuove, scommettere su nuovi generi”.
Ha mai pensato che un postino potrebbe essere il protagonista di una sua storia?
“Potrebbe essere un’idea. Mi sembra che ci sia Post Pack, una produzione inglese. C’è poi un bellissimo fi lm su Netflix. Si intitola “Klaus – I segreti del Natale”, e racconta la storia di un portalettere che in un paesino sperduto del Polo Nord aiuta Babbo Natale a consegnare i regali. È un fi lm animato con uno splendido protagonista. Comunque è vero, il postino e tutte le sue avventure quotidiane potrebbero essere i protagonisti di una serie”.
C’è una lettera che le ha cambiato la vita?
“Diciamo che ce ne sono diverse che mi hanno colpito ed emozionato. Abbiamo decine di milioni di fan che sono cresciuti con le Winx, non a caso la serie televisiva The Winx Saga sta avendo un grande successo: i fan di anni fa ora sono grandi e restano affezionati ai loro cartoni diventati personaggi in carne e ossa. Arrivano migliaia di lettere e messaggi che ti fanno capire che hai saputo toccare il vissuto di tanti ragazzi. E tu che volevi solo raccontare una storia pensi che forse hai fatto qualcosa di più”. (Isabella Liberatori)