Quando si parla di accesso alle professioni e al mondo del lavoro, per gli italiani le donne hanno dei limiti. Colpa della loro scarsa forza, resistenza e capacità fisica (46.9% – e lo pensano anche le donne: 43%) o del loro carattere (27.9%). Tanto che una donna su quattro crede che carriera lavorativa, leadership politica, guadagno da lavoro siano “naturalmente” a maggiore appannaggio degli uomini. Ecco perché la parità di genere – ovvero la “condizione nella quale donne e uomini ricevono pari trattamenti, con uguale facilità di accesso a risorse e opportunità, indipendentemente dal loro genere sessuale” – è ancora un miraggio per la metà degli italiani (49,8%), non solo sul lavoro. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine Inclusion condotta da AstraRicerche per Gilead Sciences su un campione rappresentativo della popolazione italiana e resi noti in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza dello scorso 11 febbraio 2022, iniziativa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, patrocinata dall’UNESCO.
Cosa pensa la gente delle differenze di genere
Gli ambiti in cui le differenze di genere sono più forti riguardano la carriera lavorativa, tanto nella possibilità di ricoprire ruoli ‘alti’, quanto nella leadership politica e amministrativa e nel guadagno da lavoro. A pensarlo sono soprattutto le donne (67%), ma la percezione degli uomini non è poi così diversa (56%). Oltre un italiano su 5 pensa che se in una coppia eterosessuale entrambi lavorano, è giusto che l’uomo abbia maggiore opportunità di crescita professionale/lavorativa. Non solo: la stessa percentuale sostiene che “le bambine che amano giocare con i giochi ‘tipici’ dei bambini (robot, costruzioni) e i bambini che amano quelli ‘tipici’ delle bambine (bambole, mini-cucina giocattolo,…) cresceranno con confusione nella loro mente sui ruoli di donne e uomini”.
Ampia partecipazione femminile ai progetti di ricerca italiana
In continuità con il suo impegno a favore della parità di genere e dell’inclusione, Gilead riconosce il valore dei progetti di ricerca indipendenti di ricercatrici e ricercatori italiani grazie al Fellowship Program, bando di concorso che premia la ricerca scientifica che migliora la qualità di vita dei pazienti, gli esiti della malattia o favorisce il raggiungimento di obiettivi di salute pubblica nell’area delle malattie infettive, oncologiche e oncoematologiche, giunto quest’anno alla sua undicesima edizione. Nel corso dei primi 10 anni, attraverso il Bando sono stati erogati quasi 9 milioni di euro per la realizzazione di oltre 360 progetti a cui ha partecipato la comunità scientifica italiana, senza distinzione di genere. Il Bando ha visto infatti un’ampia partecipazione femminile, a cui si deve poco meno del 50% dei progetti presentati e di quelli finanziati.
È donna la vincitrice del Fellowship Program
“Sostenere la ricerca scientifica libera è molto importante in questo momento storico e la pandemia ci ha insegnato quanto lo studio delle malattie infettive sia importante. È il riconoscimento a un settore che in Italia subisce il peso di mancanza di investimenti e risorse, nonostante l’eccellenza dei ricercatori italiani nel mondo. Il Fellowship Program, realizzato all’insegna della parità di genere, dell’inclusione e del valore etico, è per le ricercatrici italiane una grande opportunità di far valere il proprio valore scientifico”. È quanto afferma Miriam Lichtner, vincitrice del Fellowship Program, direttore del reparto di malattie Infettive dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina e professore associato Università La Sapienza di Roma.