Il cenno di Putin per allertare il dispositivo militare nucleare russo nella sua guerra aggressiva contro l’Ucraina ha evocato il drammatico pericolo corso dal mondo nella crisi dei missili a Cuba nell’ottobre del 1962. In quel frangente – per alcuni versi similare al conflitto in Ucraina, pericolosissimo per la pace – un ruolo decisivo svolsero gli attori principali del confronto: Kennedy, Kruscev, ma pure papa Giovanni XXIII. All’esito liberatorio per l’accordo che scongiurò la terza guerra mondiale contribuirono notevolmente le lettere riservate che si scambiarono al di fuori dei riflettori.
La corrispondenza tra leader
Tra il 16 e il 29 di ottobre di quell’anno rimasto celebre negli annali della storia del Novecento la corrispondenza tra i due leader delle maggiori potenze nucleari del tempo, lascia trasparire il misto di ideologia e diplomazia che sempre anima la politica tesa a ricomporre ed equilibrare interessi differenti tra le parti. In ogni vigilia di conflitto si crea presto una sottile linea rossa, superata la quale per insipienza o impazienza, la guerra è inevitabile e distruttiva. Le lettere di quel confronto di 60 anni or sono mostrano la tensione ideale e ideologica che si è chiamati a esorcizzare per non perdere tutto – nel caso di guerra – o trovare un compromesso onorevole tra gli attori della contesa. La lettera si dimostra spesso strumento di dialogo per ricucire le offese e le provocazioni muscolari pubbliche scelte in funzione dell’opinione pubblica schierata tra i contendenti. È stato così anche nella crisi dei missili a Cuba.
Un’intesa onorevole
La lettera è stata un mezzo personale per chiarire, assicurare, proporre, saggiare le vere intenzioni dell’altro. La lettera personale è stata lo strumento efficace a convincere più di ogni altra cosa Kennedy e Kruscev a un’intesa onorevole per entrambi. Le cronache narrano che mentre in un clima di rassegnazione al peggio era riunito il comitato di suoi consiglieri, giunse a Kennedy una missiva riservata del leader sovietico, con la quale Kruscev, abbandonati i toni aggressivi abituali, ammetteva la presenza dei missili a Cuba e si dichiarava disposto al ritiro di tutte le armi offensive se gli Stati Uniti avessero tolto il blocco con la garanzia di rinunciare ad aggredire l’isola. Ignorando la seconda lettera di Krusciov, Kennedy rispose positivamente alla prima lettera: “Egregio Signor Primo Segretario… gli elementi chiave delle sue proposte, che sembrano in linea generale accettabili così come io le ho capite, sono i seguenti: ella accetterebbe di eliminare questi apparati bellici da Cuba sotto un controllo e una supervisione appropriata delle Nazioni Unite, e si impegnerebbe, con convenienti salvaguardie, a sospendere l’ulteriore introduzione a Cuba di simili apparati bellici. Noi da parte nostra accetteremmo, una volta fissati adeguati accordi tramite le Nazioni Unite diretti ad assicurare l’applicazione e la continuazione di detti impegni, di sospendere prontamente le misure di blocco ora in vigore e di dare garanzie contro una invasione di Cuba”.
La risposta sovietica
Risolutivo il messaggio di risposta di Kruscev: “Egregio Signor Presidente, esprimo la mia soddisfazione e la mia riconoscenza per il senso della misura e la comprensione da Lei mostrati per la responsabilità che incombe su di me attualmente ai fini del mantenimento della pace in tutto il mondo… Io considero con rispetto e fiducia la sua dichiarazione contenuta nel suo messaggio del 27 ottobre, secondo cui nessun attacco sarà lanciato contro Cuba e non vi sarà invasione… In considerazione di ciò, non sussistono più i motivi che ci avevano indotto a fornire aiuti di questa natura a Cuba”. Infine, la comunicazione più importante. “Abbiamo dato istruzioni ai nostri ufficiali (questi mezzi, come Ella sa, si trovano nelle mani di ufficiali sovietici) di arrestare la costruzione delle installazioni sopra indicate, per smantellarle e rispedirle in Unione Sovietica. Noi siamo pronti ad accordarci con Lei affinché i rappresentanti dell’ONU possano verificare quanto sopra”.
Il sollievo del mondo
Era la mattina di domenica 28 ottobre 1962. Il mondo tirò un sospiro di sollievo: la crisi dei missili era superata. La dinamica in Ucraina alla vigilia del conflitto è stata simile. Salvo che il conflitto si è aperto. Si spera che dopo l’aggressione di Mosca all’Ucraina con morti e distruzioni, grazie alle sanzioni, definite durissime, da parte dell’Europa e degli Stati Uniti, torni la pace. Ma non di maniera. Si apra un tempo di pace fondato non più su armi e sanzioni, ma sulla visione della fraternità universale che richiede responsabilità e sincerità.