In Italia a febbraio 2022 le imprese femminili sono risultate essere 1.381.987 (erano 1.312.451 alla fine del 2015) ma rappresentano solo il 22% delle imprese italiane. È quanto emerge da un’analisi di Crif sullo stato dell’arte dell’imprenditoria femminile in Italia. Il 76% di queste ha una forma giuridica di ditta Individuale, a fronte di un 15% di società di capitale, un 8% di Società di Persone e il restante 1% di associazioni iscritte nelle camere di commercio, enti, fondazioni e società anonime. Analizzando, invece, l’incidenza delle imprese femminili rispetto al totale delle imprese, le forme giuridiche con la quota più alta sono società di persone (27%) e ditte Individuali (26%).
I diversi settori
Andando ad analizzare l’incidenza di imprese femminili nei vari settori economici, lo studio di Crif presenta una situazione estremamente variegata. Nel dettaglio, il 40% delle imprese che operano nel settore dei lavori domestici è femminile, così come il 38% di quelle attive nella sanità, mentre quasi 1 impresa su 3 è femminile nei servizi di alloggio e ristorazione e di istruzione. Seguono, per incidenza, i settori agricoltura, attività immobiliare, noleggio e agenzie di viaggio e attività artistiche.
L’analisi territoriale
L’attività manifatturiera e i servizi di informazione e comunicazione sono riconducibili nel 18% dei casi a imprese femminili. Alcuni settori rimangono però ancora appannaggio quasi totale di imprese maschili, come nel caso dell’estrazione di minerali, di fornitura di energia elettrica, di fornitura di acqua e costruzioni. L’analisi territoriale elaborata da Crif mostra una distribuzione sufficientemente equilibrata tra tutte le regioni del Paese. Quelle con la maggiore concentrazione di imprese femminili sono Basilicata, Molise, Umbria, con una incidenza del 25% sul totale, seguite da Abruzzo, Calabria, Liguria, Sicilia e Valle d’Aosta con il 24%. Lombardia e Trentino-Alto Adige registrano invece solo il 19% di imprese “rosa”, pur essendo regioni a elevata imprenditorialità. Discorso sostanzialmente analogo per il Veneto, con il 20% di
imprese femminili.
Il PNRR per colmare il gender gap
“I dati oggi confermano che la strada per colmare il gender gap in Italia è ancora lunga, ci auguriamo che il PNRR possa dare una forte accelerazione allo sviluppo dell’imprenditoria femminile”, spiega Gaia Cioci, senior director di Crif. “In questa direzione – aggiunge – va il decreto del 24 novembre 2021 che ha integrato le risorse a sostegno con i 400 milioni di euro previsti dall’investimento 1.2 ‘Creazione di imprese femminili’ dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Come Crif siamo al fianco del sistema finanziario per agevolare questo percorso virtuoso fornendo – in un’unica piattaforma – dati, analytics, tool digitali e le competenze dei nostri team di professionisti specializzati nell’advisory e formazione per rendere il PNRR journey delle imprese più semplice e veloce”.