Promuovere la cultura del merito. Valorizzare gli scienziati, invece di delegittimarli. Investire un miliardo di euro nelle giovani donne. Raddoppiare le borse di dottorato e mettere la ricerca al centro della crescita dell’Italia. Sulla cima del Gran Sasso, reduce dalla visita dei Laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), con il premio Nobel Giorgio Parisi, Mario Draghi intende cambiare così il rapporto tra l’Italia e la scienza. Grazie anche ai 30 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per istruzione e ricerca. Per abbattere gli stereotipi Draghi sprona dunque a partire dalla scuola e dalle università, dove solo una ragazza su cinque sceglie le cosiddette materie STEM: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Sono ancora troppo poche, accelera il premier e annuncia che il governo investirà oltre un miliardo, così che le ragazze iscritte possano presto diventare almeno il 35 per cento del totale.
La presenza delle donne nelle lauree STEM
Soddisfatta Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy, che aggiunge: “In ambito sanitario, anche se le donne costituiscono la grande maggioranza degli operatori in Italia e in Europa – pari circa al 70%, che significa che 2 operatori su 3 sono donna – in realtà la possibilità al femminile, già non particolarmente elevata, di attrarre finanziamenti a livello europeo e di pubblicare un contributo scientificamente importante come primo autore si è ridotta ulteriormente nel periodo pandemico. Il fatto poi che ancora poche donne siano presenti nelle lauree STEM è da una parte frutto di un retaggio culturale – che via via nel tempo si sta sbloccando – e dall’altra dovuto al fatto che la possibilità di raggiungere quel tipo di studio e poi di inserirsi in un contesto lavorativo che probabilmente è stato complesso per il genere femminile, rappresenta un deterrente anche proprio per l’avvicinamento delle donne alle facoltà scientifiche”.
Apicalità ancora sbilanciate
“Cosa che adesso sta cambiando. – continua Rossana Berardi – La medicina non rientra propriamente nell’ambito delle STEM, tuttavia abbiamo visto il cambiamento anche nel nostro settore che era tipicamente maschile fino a qualche decennio fa, e che ora è prevalentemente femminile. Il problema è che qualunque settore andiamo a guardare, da quello dell’innovazione a quello della medicina, evidentemente poi la piramide si ribalta in ogni caso. Quindi sia che alla base ci siano tante donne, sia un po’ meno, le apicalità in termini di professionalità rimangono purtroppo ancora molto sbilanciate. I dati che sono stati raccolti a livello nazionale dalle varie Società scientifiche dimostrano come di fatto soltanto il 17-18% delle donne che fanno un percorso in ambito sanitario riescono a raggiungere un vertice che possa essere ospedaliero (direttore di struttura o direttore generale di ospedale) o accademico (professore ordinario) e questo fa riflettere. Se la base si sta ampliando, ciò non avviene in maniera proporzionale a tutti i livelli”.
Gender gap
“La spiegazione non è soltanto nel fatto che ci sarà un meccanismo biologico di ricambio negli anni, perché è stato stimato – chiosa la Presidente di Women for Oncology Italy – che per superare il gender gap in maniera naturale occorreranno circa 200 anni. Risulta quindi fondamentale un aiuto istituzionale, laddove non si riesce a scalfire questa consuetudine di non arrivare a raggiungere una posizione apicale. I risultati di successo dimostrano come poi concretamente la donna, all’interno del meccanismo, possa raggiungere più rapidamente il processo di innovazione nella start up piuttosto che nell’azienda, o nella sanità. Da qui la nostra iniziativa. Con Women for Oncology Italy ci siamo fatte promotrici di una campagna che proponga l’inserimento di obiettivi specifici per le direzioni, al fine di rendere il lavoro più amico e di garantire un equo accesso alla crescita professionale. Abbiamo lanciato una survey, per aiutarci a comprendere le aree di miglioramento e le iniziative concrete per superare il gender gap e per la quale invitiamo tutti quelli che non lo avessero ancora fatto a darci un contributo”.